Le prime volte: l’archivio immaginato con Giulia Cosentino
- Francesca Viapiana

- 17 giu
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 26 lug
Rubrica: Attivismo artistico - Pride Month
Le prime volte è un cortometraggio del 2025 di Giulia Cosentino e Perla Sardella che è stato proiettato in anteprima internazionale a Visions du Réel e in anteprima nazionale al Bellaria Film Festival. Prodotto da Malfé Film, coprodotto da Doxa Producciones e distribuito da Lights On, racconta la storia di Emilia e Caterina, due donne che sono cresciute insieme in un collegio negli anni ‘50. Attraverso la forma epistolare, che si sviluppa nelle varie fasi della loro vita, il rapporto si delinea sempre più profondo, ma le loro scelte di vita sembrano essersi modellate entro i limiti della loro immaginazione.
La possibilità di sognare è ciò con cui gioca costantemente l’opera: Emilia e Caterina immaginano loro stesse un film sulla loro vita, così come Cosentino e Sardella scrivono una storia partendo da filmati d’archivio. Il cortometraggio è infatti di found footage, una tecnica con cui si riutilizzano materiali filmici preesistenti che, attraverso il montaggio, vengono decontestualizzati e risemantizzati a fini anche politici e contro informativi.

Le due registe iniziano a lavorare al progetto durante una residenza artistica organizzata dal Nuovo Cineforum Rovereto che permetteva loro di lavorare con l'Archivio del Novecento Trentino promosso dalla Fondazione Museo Storico del Trentino. Il tema che volevano trattare era sia l’eredità della memoria collettiva che quella delle piccole storie, cosa che si confronta inevitabilmente con il fatto che quasi tutti i materiali d’archivio sono girati da uomini: Cosentino e Sardella non hanno potuto lavorare con filmati realizzati da donne, perché nell'archivio non ve ne erano.
Così nasce la loro volontà di riappropriarsi dell’archivio e del suo sguardo maschile. Giocando sapientemente con le possibilità del fuori campo, immaginano che Emilia e Caterina abbiano realizzato loro stesse quei filmati creando, in questo modo, grazie alle possibilità della finzione, uno spazio che nell’archivio non esiste, ma che le donne hanno sempre voluto rivendicare: le registe, confrontandosi sul tema, hanno riscoperto le registrazioni su MiniDV di quando erano adolescenti in cui chiacchieravano durante i pigiama party con amiche di desideri - sessuali e non - di sensazioni, di pulsioni fisiche e delle loro prime volte.

Il cortometraggio si struttura su vari livelli di narrazione ed immaginazione. È diviso in due capitoli: il primo racconta il punto di vista di Emilia sulla loro adolescenza in collegio e il secondo indaga i ricordi di Caterina adulta su quel periodo e le riflessioni sulle sue scelte di vita. Ciò che però tocca di più il pubblico è la forza della passione tra le due donne, espressa tramite le frasi di Emilia e le animazioni che sembrano incidere sulla matericità dei fermimmagine delle pellicole in bianco e nero, ridando loro così vita nel presente.
“Credo che i film trasmettano principalmente delle sensazioni, per cui chi guarda un film non deve rispondere necessariamente ai livelli di narrazione, ma può soffermarsi su un momento e capire cosa il film trasmette. È come quando si scrive il diario e si cerca di trattenere emozioni e pensieri: volendoli analizzare, il tempo si ferma mentre vengono scritti.”
-Giulia Cosentino
Le registe separatamente hanno lavorato su due archivi famigliari usati rispettivamente sui due capitoli in cui è diviso il film: le due si sono poi rese conto che i lavori si parlavano e che erano in sintonia con i discorsi che stavano costruendo, influenzati anche dalla lettura del romanzo Thérèse et Isabelle di Violette Leduc - scritto nel 1954, ma pubblicato senza censure solo nel 2000 - che tratta di un amore tra due ragazze in un collegio.

Le prime volte si struttura sullo scambio epistolare tra Emilia e Caterina che trasmette in crescendo il loro amore mai realizzato a causa dei limiti delle possibilità di scelta: Caterina si sposa con un uomo, cosa che irrompe nelle loro fantasie. La realtà sembra imporsi fredda e crudele, senza possibilità di incidere su di essa e la loro storia sembra confinata nell’oblio. Proprio la capacità di rinarrare e risemantizzare il passato è una potenzialità distintiva del found footage che permette rispetto ai materiali d’archivio infinite possibilità demiurgiche, andando così oltre alla semplice musealizzazione. Proprio durante la lavorazione del film, Cosentino e Sardella si sono scontrate con i limiti imposti dal Museo Storico del Trentino che non si trovava d'accordo sul riuso filmico per raccontare una storia d'amore tra due ragazze.

“Ci hanno detto che non avevamo rispetto storico dei materiali, quando per me l'archivio va esplorato proprio per quello che non c’è. Come artistə abbiamo la possibilità di interrogarci sul laterale, su quello che non è raccontato, su quello che potrebbe esserci stato: è questa la cosa che mi spinge ad indagare l'archivio. La Storia non può essere raccontata solo da alcune individualità, perché ci sono moltissime voci subalterne, non solo femminili, che è importante vengano riscoperte e riabilitate attraverso il lavoro del presente.”
-G.C.
Al contrario, le famiglie i cui materiali filmici avrebbero dovuto far parte del corto si sono mostrate molto disponibili al riutilizzo. L’importanza di dare spazio alle voci marginalizzate, affinché si approprino della loro storia, si concretizza nel secondo capitolo del corto, in cui le immagini girate dal marito di Caterina fanno spazio a quelle girate da lei stessa. Riprende a guardare i corpi delle donne e si ricorda di Emilia: la sua prima volta. Le scrive una lettera, ma in questo caso nelle sue parole vi è una distanza temporale. Caterina riguarda la sua vita da lontano, in un momento secondario: le sue frasi sono a macchina, su un foglio, non incidono più sulle immagini, come invece facevano le parole di Emilia.

“Il titolo Le prime volte fa riferimento alla scoperta della vita, allo scoprirsi per la prima volta una persona pensante. Emilia, per Caterina, è stata la sua prima volta non solo a livello sessuale, ma è stata la prima volta in cui si è riconosciuta allo specchio, confrontata col sentirsi grande e parte del mondo. Da una lato il corpo risponde a desideri sessuali e a sensazioni, dall’altro si inizia a capire cosa si desidera, si compiono scelte e ci si pongono domande sul perché si ama qualcunə, sul perché si sceglie un certo tipo di vita. La prima volta è qualcosa che esplode nelle mani e ha un'energia che è completamente unica. È importante però anche la possibilità di avere le seconde e le terze volte, perché, benché non abbiano il sapore di novità, possono essere altrettanto belle grazie all’esperienza acquisita nel gestire e vivere le emozioni. Per questo è necessario proporre immaginari complessi e differenti, in cui le persone possano riconoscersi e sentirli vicini a loro; se non abbiamo la possibilità di immaginare sceglieremo cose già pensate che però non ci corrispondono del tutto.”
-G.C.
Il cortometraggio, come l’utilizzo che le registe fanno dei materiali d’archivio, è un atto politico che culmina nel finale, in cui immagini provenienti dall’archivio Aamod di Luciana Castellina si intrecciano con filmati di manifestazioni femministe realizzati in prima persona da Cosentino e Sardella.

“Dopo tutte le domande, i confronti e i discorsi sulla memoria e il passato, avevamo la necessità di farci corpo, cioè non solo di restituire la voce, ma essere noi in prima persona ad andare per strada a prendere in mano la videocamera, farci presente e stare nella piazza e nella collettività. L'eredità del femminismo storico ci insegna che il fatto che il personale sia politico non significa solo narrare la propria storia individuale, ma ragionare anche sulle proprie interazioni e relazioni, coinvolgere o non coinvolgere qualcunə, trovare dei compromessi per poter essere presenti in contesti, come la piazza, in cui non si è completamente d’accordo. Per questi motivi il nostro è stato un processo molto lungo: realizzare un film in co-regia, sul confronto tra due lettere, tra due modi di pensare e tra due persone è un lavoro che se svolto con rispetto e ascolto, non imponendo la propria idea, è molto lento ma altrettanto proficuo.

Abbiamo imparato ad ascoltarci a vicenda, come se fossimo in uno specchio: attraverso l'ascolto dell’altra abbiamo scoperto come rispondere ai nostri desideri di autrici. Il film è il risultato di una dialettica, di un processo di grande confronto, di un ricucire insieme. Per questo educare all’importanza della collettività e decentralizzare l’individualismo per me è fondamentale, perché se è vero che l’atto politico richiede impegno personale, è vero anche che vi è una risposta pubblica, per cui se si cresce pensando che tutto dipende da noi stessə si finisce per scontrarsi reciprocamente. Perciò è importante creare degli spazi di confronto, degli specchi che permettano di generare riflessioni su noi stessə senza essere egoriferitə.”
-G.C.
f.v.





Che bella recensione!
Che bello, il cinema portatore di valori importanti