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100 Nights of Hero: una storia ha il potere di cambiare il mondo

"I would venture to guess that Anon, who wrote so many poems without signing them, was often a woman."


Così scrive Virginia Woolf nel 1929 in A Room of One’s Own, saggio in cui la scrittrice britannica analizza gli ostacoli affrontati dalle donne nel corso della storia per tentare di uscire dalla posizione di marginalità a cui le imposizioni e le limitazioni della società patriarcale le hanno costrette per secoli. Se il canone letterario è (quasi) privo di penne femminili, osserva Woolf, questo non è dovuto a un’assenza di scrittrici donne capaci, ma alla loro impossibilità di pubblicare o di dedicarsi alla carriera letteraria perché non possono avere “money and a room of [their] own”. Ma nonostante la costante invisibilizzazione da parte di una società che tenta di fare di tutto pur di non vederle, le scrittrici raccontano da sempre le proprie storie: l’atto del raccontare, osteggiato in ogni modo, diventa dunque un mezzo per rivendicare uno spazio per la propria identità anche quando questo significa essere costrette a celarla dietro l’anonimato. 


Virginia Woolf che scrive nel suo studio
Virginia Woolf

Non è un caso se il potere politico dello storytelling è già al centro de Le Mille e una notte, serie di racconti di origine orientale la cui datazione è complessa ma di cui si pensa che un primo nucleo risalga addirittura al X secolo. La cornice narrativa di questa raccolta ha come protagonista Shahrazād, una giovane che decide di offrirsi in sposa al sovrano Shahriyār che, preso in odio il genere femminile dopo il tradimento della prima moglie, continua a risposarsi solo per uccidere le spose nella prima notte di nozze. Ma Shahrazād ha un’idea per fermare la serie di uccisioni e salvare la vita ad altre potenziali vittime: la prima sera inizia a raccontare una storia al re ma rimanda il finale al giorno successivo, riuscendo così a distrarre l’uomo dai suoi piani omicidi e a salvarsi a sua volta. È dunque l’atto di raccontare storie che permette a Shahrazād non solo di sopravvivere, ma anche di salvare dal loro destino di morte altre donne che sarebbero diventate vittime di quel sovrano carnefice. Il racconto si trasforma per la protagonista in una forma di ribellione a un destino già scritto, rimarcando così quanto le storie custodiscano in sé un potenziale politico e di resistenza che permette anche e soprattutto a identità storicamente marginalizzate – a partire dalle donne – di resistere e conquistarsi uno spazio di vita e libertà.


Frutto di numerosissime riletture da parte della teoria femminista, il mito di Shahrazād continua a essere al centro di molti adattamenti contemporanei attraverso vari media: tra questi c’è anche 100 Nights of Hero, film diretto da Julia Jackman e adattato dall’ omonima graphic novel di Isabel Greenberg, che si presenta come una rilettura in chiave queer di questo racconto.


Illustrazione della graphic novel 'The One Hundred Nights of Hero'
Un'immagine dalla graphic novel di Isabel Greenberg

In un mondo medievale e distopico regna la dittatura dei Beaked Brothers, una congrega religiosa di soli uomini che dicono di governare in nome della loro divinità, Birdmen, un dio che ha sottratto il pianeta creato dalla figlia per il desiderio di essere temuto e venerato. I principi della congrega sono pochi e si possono riassumere con una sola parola: patriarcato. I Beaked Brothers sono infatti degli uomini dispotici ed egoisti ma, come l’ironia che caratterizza il film suggerisce, deboli e poco intelligenti, che di fatto esercitano il loro potere sui soggetti che ritengono più fragili di loro, a partire dalle donne. Tra queste c’è Cherry, giovane donna intrappolata nel castello di un matrimonio infelice con Jerome, un uomo privo di qualità che la trascura e la tratta come una dama di compagnia. L’unica fonte di luce nella vita di Cherry è Hero, la sua misteriosa ma fedele domestica, che la intrattiene e la accompagna nella noia di giornate tutte uguali; quanto Cherry non sa, tuttavia, è che Hero fa parte di una comunità segreta, la League of Secret Storytellers, un gruppo di donne che raccoglie e custodisce storie di altre donne maltrattate, uccise o altrimenti dimenticate dalla storia. Quando Jerome parte per un viaggio e lascia la moglie in compagnia dell’amico Manfred, ecco che l’abilità di narratrice di Hero si rivela fondamentale per proteggere Cherry dagli approcci insistenti e indesiderati dell’uomo e, di fatto, per liberarla.


frame del film '100 Nights of Hero'
Emma Corrin e Maika Monroe in 100 Nights of Hero

Continuando a raccontare sera per sera le sue storie, Hero distrae Manfred e le notti continuano a passare fino alla centesima, il tempo limite che Jerome gli aveva concesso per tentare di sedurre la moglie. Ma le storie di Hero non si limitano a questo: narrando di protagoniste coraggiose, forti e intelligenti, questi racconti iniziano pian piano a risvegliare qualcosa in Cherry, che da moglie infelice e rassegnata al suo destino capisce di poterlo cambiare. Accompagnata da donne che andarono incontro a finali tragici a causa del rifiuto delle imposizioni sociali – come il divieto di saper leggere e scrivere – la protagonista compie un vero e proprio viaggio di scoperta della sua identità, tanto da arrivare a capire di essere da sempre attratta da Hero. Ecco che allora quest’ultima si trasforma in una novella Shahrazād: il suo atto di raccontare si dimostra infatti in grado di smuovere e risvegliare la coscienza di Cherry, salvandola così da una vita passiva e infelice, e diventa anche un modo per conservare e proteggere il loro amore contro le aspettative di una società che fa di tutto per rifiutare ed eliminare la possibilità per le donne di avere aspirazioni, capacità e desideri.


Sono dunque le storie raccontate da Hero a fungere da catalizzatore per il cambiamento di Cherry, ma non solo: non è un caso, infatti, se la graphic novel di Isabel Greenberg riserva a queste uno spazio e un’attenzione maggiore, rendendo questi racconti i veri protagonisti della narrazione e arricchendoli di dettagli e ulteriori spunti. Nonostante il film riduca il numero di storie raccontate da Hero, queste vengono comunque preservate e integrate l’una nell’altra fino a concentrarsi intorno a un racconto principale: la storia delle Pietre Danzanti. Tre sorelle cresciute senza madre ma con un padre amorevole sono, apparentemente, delle potenziali mogli perfette: tranquille e gentili, sanno cucire, suonare e dipingere, sono intelligenti ma non tanto da intimidire un futuro marito – o così credono gli uomini intorno a loro. Le giovani donne nascondono infatti un segreto indicibile, tramandato loro dalla defunta madre: sanno leggere e scrivere. Quando la sorella minore, Rosa, si sposa con un ricco mercante con la promessa di un matrimonio d’amore e lascia le sorelle per la sua nuova vita, ben presto si rende conto che per le donne la realtà non è come raccontata dai suoi libri. 


frame del film '100 Nights of Hero'
Le tre sorelle protagoniste della storia delle Pietre Danzanti

In un momento di debolezza Rosa rivela al marito di sapere scrivere, nella speranza che possa accettarlo e “perdonarla” alla luce del loro amore; ma il mercante rinchiude e denuncia Rosa, condannandola alla morte insieme alle sorelle con l’accusa di essere “a liar, a whore and a witch”. Guardando alla storia passata – ma spesso anche contemporanea – l’accusa di stregoneria è

da sempre stata impiegata per demonizzare e marginalizzare donne che non aderiscono a un ideale di femminilità socialmente accettato per apparenza, comportamenti o aspirazioni. Rivendicata e riabilitata dalle teorie femministe, la figura della strega è diventata in tempi più recenti una delle modalità più impiegate per rappresentare ed esplorare personaggi femminili complessi e anche ambigui che, tradizionalmente, si allontanano da una femminilità rassicurante e definibile entro dei margini prestabiliti - anche se questa lettura non è esente da problematiche legate alla nostra volontà di manipolare la storia passata pur di farla aderire alle nostre aspettative ed esigenze, come osserva e approfondisce Giulia Paganelli in questo articolo. Nella storia delle Pietre Danzanti raccontata da Hero, agli occhi della società le tre sorelle diventano streghe proprio per questo: perché non sono le donne mansuete e remissive che gli uomini intorno a loro volevano vedere ma, anzi, rivendicano la loro intelligenza e i loro desideri, accettando la morte pur di non rinnegarli.


Anche per le tre sorelle, quindi, l’atto della lettura e del raccontare storie si configurano come uno spazio marginale e segreto in cui sopravvivere insieme e conservarsi un brandello di libertà, resistendo alle imposizioni di una società che fa di tutto per renderle invisibili e cancellarle dalla storia. È in questo senso che la loro storia si collega strettamente a quella di Cherry e Hero, e non è un caso che la regista scelga di soffermarsi proprio su questa tra le molte riportate nella graphic novel: a loro volta accusate di essere streghe per avere incantato Manfred con le loro storie e per la loro queerness, anche le due protagoniste sono condannate a essere giustiziate da un’autorità, misogina e patriarcale, che teme il potenziale rivoluzionario delle loro voci. 


frame del film '100 Nights of Hero'
Emma Corrin, Felicity Jones e Maika Monroe in 100 Nights of Hero

Nonostante i tentativi di metterle a tacere, le storie di Hero e Cherry si diffondono comunque nel resto del regno, al punto da scatenare – dopo la condanna delle due donne – una vera e propria ondata di proteste, che culmina nel rovesciamento di un’autorità sempre più debole e mal sopportata. Allo stesso modo, cancellate dalla storia o celate dietro a pseudonimi che le hanno rese invisibili per secoli, le voci e le penne delle donne non si sono mai esaurite: proprio come vuole rimarcare questa narrazione, esse hanno anzi sprigionato una forza capace di aprire la strada a tutte le sorelle venute dopo, confermando come, forse, una storia ha davvero il potere di cambiare il mondo.


A.M.

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