La madre dell'astrattismo: Hilma af Klint
- Penelope Contardi

- 22 ago
- Tempo di lettura: 6 min
Rubrica: Vita da strega
Contrariamente a come spesso si dice o si studia, l’astrattismo e, dunque, l’arte non figurativa, non ha dei ‘padri’, ma al contrario una madre che ha dipinto con le sue ‘sorelle’ cambiando per sempre la storia dell’arte. Il suo nome, troppo poco ricordato e discusso, è quello di Hilma af Klint.

La pittrice nasce sotto il segno dello scorpione nel 1862 a Solna, Svezia, cresce in una famiglia benestante e intellettualmente stimolante, condividendo la grande biblioteca dei genitori coi suoi quattro fratelli e spendendo le sue estati sull’isola di Adelsö, dove esplora la sua sensibilità e scopre il suo amore per la natura.
A soli 18 anni Hilma entra all’Università delle arti, mestieri e design di Stoccolma per dedicarsi alla pittura e nel 1882 si iscrive alla Reale accademia svedese delle arti, uno dei pochissimi centri europei del tempo che consentiva l’accesso alle donne. Dimostrando la capacità delle donne di frequentare gli ambienti artistici e intellettuali, si afferma come una delle allieve più brillanti ed esperta paesaggista, laureandosi con tanto di lode. Il centro la premia per i suoi conseguimenti con un appartamento-studio a Kungsträdgården, quartiere fervente dal punto di vista artistico al centro di Stoccolma, nel quale può entrare in contatto con altri artisti ed esplorare i circoli artistico-femministi della città.
Considerando che la pittrice fa parte della primissima generazione di donne che hanno potuto studiare l’arte in Europa, trova non poche difficoltà nell’affermarsi in un ambiente prettamente maschile, venendo appositamente esclusa dai gruppi artistici del momento. I paesaggi che continua a dipingere con grande maestria, però non sono abbastanza per il suo spirito innovatore: af Klint si avvicina a spiritismo, antroposofia e teosofia, teorie che affascinano anche Kandinskij e Mondrian.
Ma è la morte dell'amata sorella Hermina, di soli 10 anni, a segnare per sempre il suo percorso artistico e di vita: proprio da quel momento inizia la sua spasmodica ricerca verso l’aldilà. Nel 1896 af Klint fonda con quattro amiche - artiste a loro volta - un gruppo per la pratica di meditazione e spiritismo chiamato De Fem (le cinque): ogni venerdì si riuniscono per entrare in contatto con le ‘guide spirituali’ provenienti da altre dimensioni, le quali mandano loro messaggi che esse riescono a restituire attraverso la scrittura o la pittura automatica.
Durante una di queste sessioni una guida le chiede di mostrare cosa avesse visto in un’altra dimensione e inizia così a dipingere Dipinti per il tempio (1906): uno squarcio all’interno del suo stile così conservatore, considerato tipicamente femminile, che però non abbandona mai conducendo la sua arte su un doppio binario, da un lato la pittura paesaggistica e ritrattista che le permetteva di essere riconosciuta come artista e sostentarsi economicamente; dall’altro la sperimentazione era implacabile che la rese a tutti gli effetti l’inventrice dell’astrattismo.
Dipinti per il tempio (1906-1912) diviene una serie sperimentale di ben 193 opere, di fatto la prima serie astratta della storia.
“I quadri furono dipinti direttamente attraverso di me, senza schizzi preliminari e con grande forza. Non avevo idea di cosa dovessero rappresentare i dipinti, tuttavia lavoravo rapidamente e con sicurezza, senza cambiare una sola pennellata”.

Sviluppa nella sua prima fase anche la serie Eros, I grandi dipinti di figure e I dieci più grandi. Ciò che sorprende è sicuramente l’utilizzo dei colori pastello, piatti, che riempiono le forme geometriche scomposte e ricomposte con grande maestria. A differenza degli uomini dell’astrattismo che sperimentano con lo scopo di astrarre ciò che è concreto (forma e colore), Hilma si propone di rappresentare qualcosa di astratto in modo concreto.
Hilma af Klint partecipa a delle esposizioni in cui però espone soltanto le sue opere naturalistiche; viaggia in tutta Europa e si unisce alla Società delle donne artiste svedesi che, seppur poco ricordate oggi, non sono poche. Come tante donne prima e dopo di lei, Hilma af Klint si allontana dal suo lavoro e dalla sua passione per prendersi cura di una persona cara, nel suo caso della madre, dal 1909 al 1912. Ma il suo fervore intellettuale non si placa e continua a studiare l’opera letteraria di Rudolf Steiner, membro della Società teosofica e fondatore dell’antroposofia. Dopo il 1912 continuò a dipingere terminando le sue serie iniziate e creandone di nuove.
Interrompe per un periodo la sua produzione per concentrarsi sulla riflessione legata ad essa: scrive Studi sulla vita spirituale (tomo di quasi 2000 pagine) oltre alla moltitudine di quaderni in cui analizzava le sue stesse opere, tra cui un piccolo museo valigia composto di quaderni con miniature delle sue opere e fotografie in bianco e nero da poter trasportare per tutta l’Europa.
Dopo la morte della madre, nel 1920 Hilma si trasferisce in Svizzera per conoscere meglio Steiner e unirsi alla società teosofica: qui i suoi quadri iniziano a indagare le forme della natura con la tecnica dell’acquarello (come nella serie Fiori e alberi). Lo studio delle sue opere, aiutata dalla probabilmente compagna e artista Anna Cassel, la porta a concepire un ‘museo per mostrare cosa c’è oltre la materia’ e finalmente ha la possibilità e trova il coraggio di esporre alcune delle sue opere astrattiste nel 1906 in occasione della Conferenza mondiale di scienze spirituali.

Sente, però, che le persone non erano pronte ad accogliere questo tipo di arte: è Rudolf Steiner a consigliarle di attendere 50 anni dopo la sua morte per rivelare la sua arte al grande pubblico. Il consiglio viene parzialmente accettato e guidata da un pizzico di sana ribellione, sceglie che i suoi dipinti debbano essere pubblicati 20 anni dopo la sua dipartita. Hilma af Klint ha creduto di doversi limitare per un pubblico che non era pronto a comprenderla, mancando di quell’audacia tipicamente maschile che ritiene sia il mondo a dover mutare per accoglierlo: non è un caso che siano gli uomini ad essere individuati come pionieri di quasi ogni pensiero e movimento.
“Nell’epoca che sta arrivando alla sua conclusione, il potere è stato in mano agli uomini. In quella che sta per arrivare, saranno le donne a condurre”. Hilma af Klint

Trasferitasi con la cugina a Stoccolma, nel mese di ottobre del 1944 muore in seguito ad un incidente a ben 81 anni. Sarà suo nipote Erik che, seguendo la volontà del suo testamento, vent’anni dopo la morte di Hilma apre i bauli contenenti 1.300 quadri, 124 quaderni e 26 mila pagine scritte. Per volere della pittrice, al nipote viene impedito di vendere i suoi lavori, in quanto Klint ha sempre visto le sue opere come una missione profetica, incompatibile con un guadagno economico.
Nel 1986 ci fu effettivamente una prima mostra dedicata alle sue opere a Los Angeles che ottenne pochissima considerazione e anche in seguito molti musei rifiutarono di includerla negli spazi dediti all’arte astratta. La sua memoria pareva ormai oscurata dai cosiddetti “padri dell’arte astratta” Kandinskij, Mondrian e Malevič quando in realtà la produzione di Hilma va collocata ben 5 anni prima che Kandinskij pubblicasse Lo spirituale nell’arte, testo che, ancora oggi, è individuato come ciò che ha gettato le basi dell’arte non figurativa.
E' solo nel 2013 che il Museo di arte moderna di Stoccolma organizza la prima retrospettiva dell’artista. Viene poi consacrata nel 2018 grazie all’esposizione delle sue opere al Guggenheim di New York che diventa la mostra più visitata della storia del museo fino a quel momento, contando 600.000 di visitatori e visitatrici.
Nel 2019, in seguito a questo successo, è stato realizzato un documentario dal titolo Beyond the Visible - Hilma af Klint, non solo biografico, ma anche riguardo tutta la sua influenza sugli artisti e le correnti pittoriche che l’hanno seguita. Nel 2022 è uscito nelle sale il film Hilma di Lasse Hallström per raccontare la sua straordinaria vita, valso una candidatura agli oscar. Si racconta che il regista abbia tentato in vari modi di mettersi in contatto con lo spirito della scrittrice durante la scrittura e la realizzazione del film, cosa che la pittrice avrebbe di certo apprezzato molto.
Ancora oggi il nome di Hilma af Klint tende ad essere insabbiato nei manuali di storia dell’arte e nei discorsi sull’astrattismo a causa della sua unica grande colpa ancestrale: quella di essere una donna. Ciò dimostra l’urgenza di azioni di gruppi femministi attiviste nell’arte come le Guerrilla Girls e una revisione della storia dell'arte che deve inserire le donne che hanno iniziato e plasmato il corso delle correnti artistiche come la Baronessa Elsa von Freytag-Loringhoven, Camille Claudel e la stessa af Klint.
p.c.





















Storie come queste dovrebbero essere studiate nelle scuole!!🔅