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La militanza POP delle Guerrilla Girls

Aggiornamento: 13 mag

Rubrica: Attivismo artistico


Anonime e attiviste, le Guerrilla Girls sono un gruppo di artiste femministe impegnate in prima linea nella lotta contro il sessismo e il razzismo nel mondo dell’arte, del cinema e della cultura pop.

"We believe in an intersectional feminism that fights for human rights for all people".

A distinguerle dagli altri gruppi di attivisti è l’idea di mantenere l'anonimato indossando ironicamente una maschera da gorilla. L’idea di coprirsi il volto in questo modo è nata casualmente, quando una di loro, firmando un poster, ha scritto erroneamente gorilla al posto di guerrilla: hanno poi pensato che la forte assonanza tra due le parole poteva essere goliardicamente utilizzata per rafforzare il loro impatto visivo nella cultura di massa. In aggiunta, scelgono di chiamarsi con i nomi di artiste decedute (Frida Kahlo, Käthe Kollwitz, Gertrude Stein, Alma Thomas, Rosalba Carriera, Alice Neel, Julia de Burgos e Hannah Höch) perpetuando ulteriormente la loro causa, secondo la quale l’attenzione deve essere focalizzata interamente sulle questioni trattate e non sulle loro identità personali. 


La loro storia inizia esattamente quarant'anni fa, quando nella primavera del 1985, sette donne fondano le Guerrilla Girls e New York si ritrova tappezzata di volantini in risposta alla mostra organizzata dal MoMa nel 1984 An International Survey of Recent Painting and Sculpture, nata con l’intenzione di esporre gli artisti più importanti del momento. Il problema? La presenza di sole 13 donne, di cui nessuna nera,  sui 169 artisti esposti: ciò diede alle Guerrilla Girls l’input per unirsi al fine di combattere il sessismo e il razzismo estremamente radicato nell’ambiente dell’arte.

Il gruppo raggiunge in poco una grande notorietà grazie ai suoi poster caratterizzati da slogan e parodie di oggetti di massa, rafforzati dall’utilizzo di colori e font estremamente pop, che catturano inevitabilmente l’attenzione della società. 

Infatti, i loro manifesti - dall’estetica apparentemente frivola ma con un contenuto di protesta -iniziano ad essere affissi in luoghi strategici della città: nelle stazioni della metropolitana, nei bagni pubblici e soprattutto vicino a musei e gallerie d’arte, per sottolineare implicitamente  il fatto che fossero loro i responsabili principali dell'esclusione delle donne e delle minoranze dalla storia dell’arte. 


Questo nasce dalla loro volontà di usare un linguaggio comunicativo veloce e accessibile, proprio come quello pubblicitario, con l’intenzione principale di raggiungere un ampio pubblico nel quale provocare delle reazioni che possano portare prima ad una riflessione e poi a un cambiamento. 

Caratterizzati da un’ironia spiccata, i loro poster hanno sempre declinato il loro attivismo nella mancanza di rappresentazione delle donne nel mondo dell’arte e nella disparità retributiva che ne consegue come si evince in uno dei loro primi poster, risalente al 1989, The Advantages Of Being A Woman Artist, una lista ironica dei vantaggi di essere un'artista donna come: “Working without the pressure of success”, “Seeing your ides live on in the work of others”...



Indubbiamente la militanza delle Guerrilla Girls che le ha portate a diventare le paladine di un nuovo tipo di attivismo, conserva il femminismo degli anni ‘70 e cresce sotto l’obiettivo di trovare degli strumenti più efficaci per comunicare, abbattendo i pregiudizi negativi contro l’attivismo femminista del decennio precendente. Questo le ha portate a trattare i medesimi temi, ma attraverso l’uso dell’umorismo e dell'ironia, destabilizzando inizialmente il pubblico non abituato a questo tipo di approccio. 



Do Women Have To Be Naked To Get Into The Met Museum?  rimane uno dei loro poster più famosi. L’immagine ispirata al dipinto La grand Odalisque di Jean-Auguste-Dominique Ingres, ritrae una donna che porta una maschera da gorilla, accompagnata dalla scritta  “less than 5% of the artists in the Modern Arts Section are women, but 85% of the nudes are female” si impone sul fatto che le donne nei musei entrassero solo in forma passiva, quindi come soggetto delle opere e non in qualità di autrici.


Negli anni la loro guerriglia ha accolto altre lotte, anche esterne al mondo dell’arte, riportando riflessioni sull’ambientalismo e l’aborto, accompagnate da interventi diretti e politici

A sostegno della loro attività nel corso degli anni hanno pubblicato diversi libri, tra cui il The Guerrilla Girls Museum Activity Book (2004), parodia dei libri di attività museali per bambini. Il volume nasce con l’intenzione di insegnare direttamente ai più giovani  come approcciarsi al mondo dell’arte e alla critica, rilevando le criticità delle attività museali. 

Il loro lavoro si è diffuso in tutto il mondo, trovando riscontri sempre più positivi e esponendo nei più importanti musei, tra cui il São Paulo Museum of Art, La biennale di Venezia, il Van Gogh Museum ad Amsterdam, Art Basel Hong Kong, Minneapolis Institute of Art; il Centre Pompidou di Parigi, mentre attualmente il Getty Research Center di Los Angeles sta organizzando un’ esibizione per celebrare i 40 anni di storia delle Guerrilla Girls che si terrà in autunno. 

Audaci e irriverenti, da anni portano avanti la loro attività rivoluzionando la comunicazione dell’attivismo, come si può leggere nella sezione dedicata del loro website, in cui dichiarano anche che a spronarle nella loro attività è il motto

"Do one thing. If it works, do another. If it doesn’t, do another anyway. Keep chipping away!"

b.b.


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