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Céline Sciamma: il ritratto di una donna in fiamme

Faites défiler pour la version française.


Céline Sciamma è una sceneggiatrice e regista francese, nata nel 1978 a Pontoise. Ha seguito una formazione nei mestieri dell’immagine e del suono alla Fémis prima di dirigere il suo primo lungometraggio Naissance des pieuvres nel 2006, presentato nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes 2007. Céline Sciamma pone al centro della sua opera le questioni di genere, identità e rappresentazione, mettendo in luce racconti di donne e storie queer.



Prosegue questa esplorazione con Tomboy (2011) e Bande de filles (2014), film che confermano il suo sguardo originale sull’adolescenza e sulle marginalità sociali. Con Ritratto della giovane in fiamme (2019), si impone sulla scena internazionale, vincendo il Premio per la sceneggiatura a Cannes e diventando una voce imprescindibile del cinema femminista. Il suo cinema, intimo e politico, coniuga sensibilità estetica e impegno militante, facendo della regista una figura di rilievo nelle battaglie a favore di una migliore rappresentazione e una maggiore parità nell’industria cinematografica.


Céline Sciamma
Céline Sciamma
« Il cinema è uno spazio politico: ogni film contribuisce a definire chi siamo e chi vogliamo vedere. » Céline Sciamma

Ritratto della giovane in fiamme racconta la storia di Marianne, una pittrice incaricata di realizzare in segreto il ritratto di matrimonio di Héloïse, una giovane aristocratica che rifiuta di posare per un futuro sposo che non conosce. Un film che testimonia la nascita di un’intimità, della sua esperienza e del suo ricordo. Una proposta artistica portata con maestria da un duo di attrici tanto talentuose quanto sensibili, Adèle Haenel e Noémie Merlant. Una storia d’amore che illustra la creazione di un linguaggio comune tra due persone; più che un semplice racconto di seduzione, si osserva la costruzione di un universo unico. Un huis-clos femminista dichiarato, che racconta la vicenda di due donne dai percorsi singolari, che reinventa il significato dell’amore e sottolinea la particolarità di ogni storia d’amore come la nascita di un mondo che è stato, è e sarà.



Una proposta audiovisiva che non presenta alcun ruolo maschile significativo; in realtà ce n’è solo uno, aneddotico, quasi a sottolineare la volontà di costruire una narrazione attorno allo sguardo femminile. Proprio lo sguardo è al centro del film: ci invita con tenerezza a osservare le protagoniste come soggetti – di un’epoca, ma il cui discorso è senza tempo – e non come oggetti, contrapponendosi al cinema mainstream sessista che trasforma la donna e i ruoli femminili in oggetti del desiderio attraverso il male gaze. La rappresentazione della donna è il cuore del film, poiché lo sguardo maschile non è neutro, la donna qui ha il permesso e si concede di essere se stessa.


Questo film, come il resto della filmografia di Céline Sciamma, racconta anche una storia di emancipazione femminile che non accetta il destino che la società vuole imporle. Nella narrazione, questo si traduce nel rifiuto di essere promessa a un marito che non desidera; nella realizzazione del film, si manifesta nella costruzione di una squadra tecnica prevalentemente femminile, per portare davanti e dietro la macchina da presa lo sguardo femminile, un modo per liberare la parola attraverso gli sguardi e consentire una forma di espressione a lungo soffocata. Ritratto della giovane in fiamme è anche un film sull’arte, che esplora la creazione pittorica, il legame tra modello e pittrice, e il modo in cui l’atto artistico diventa un vettore di intimità, memoria e resistenza alle imposizioni sociali.


Ritratto di una giovane in fiamme
« Non volevo dipingerti. Volevo guardarti. »

L’intelligenza della sceneggiatura risiede nel fatto che si concentra nel raccontare per immagini la libertà di queste donne, senza perdere tempo a decostruire un sistema di dominio storico. Un film quasi utopico, un mondo immaginato che, attraverso lo sguardo delle due protagoniste, rende possibile l’impossibile. Una storia senza dominazione di genere né di classe, tra due anime, che trasforma l’eccezionalità di una storia omosessuale, i cui racconti mancano crudelmente nel panorama audiovisivo, in una verità umana. Il mito di Orfeo è al centro della narrazione e testimonia lo sguardo storicamente maschile sull’amore: nel film, è Euridice a essere posta al centro della storia, dando voce a colei che subisce e osserva piuttosto che a colei che salva. Questa reinterpretazione inversa permette di reinventare il racconto amoroso, mostrando la potenza del desiderio e della soggettività femminile, e facendo della storia uno spazio in cui lo sguardo della donna diventa motore di senso e libertà.


La sorellanza è anche un tema importante nella filmografia di Céline Sciamma, una solidarietà femminile essenziale in un mondo fatto di vincoli. Si manifesta attraverso legami profondi tra i suoi personaggi femminili, che siano amicizie o complicità intime, permettendo di resistere insieme alle pressioni sociali e alle imposizioni di genere. Nei suoi film, questa solidarietà diventa un motore di emancipazione e uno spazio di riconoscimento reciproco, in cui le donne si sostengono, si ascoltano e si affermano di fronte a strutture dominanti che cercano di renderle invisibili.


Sul set de Il ritratto di una giovane in fiamme
Céline Sciamma sul set
« Non basta raccontare storie : bisogna cambiare lo sguardo. » Céline Sciamma

Céline Sciamma è anche portavoce di una lotta che è indissolubile dalla sua opera. Una lotta che la rende una delle voci più impegnate del cinema francese. Una regista che si schiera  più volte per denunciare le disuguaglianze strutturali nell’industria cinematografica e per sottolineare l’impatto del male gaze come veicolo delle disuguaglianze di genere nella società. Nel 2018, partecipa alla fondazione del collettivo 50/50, il cui obiettivo è promuovere la parità tra donne e uomini e la diversità nel cinema.


Parallelamente, prende posizione pubblicamente in occasione di grandi eventi, come ai César 2020, quando lascia la sala insieme ad Adèle Haenel dopo l’assegnazione del premio a Roman Polanski, affermando così la sua volontà di rompere con un sistema di impunità. Con la sua arte così come con le sue prese di parola, la regista si impone quindi come una figura di resistenza e di reinvenzione, difendendo un cinema che rifletta tutte le identità e contribuisca a trasformare i racconti collettivi.


j.n.



Ici la version française.


Céline Sciamma : le portrait d’une femme en feu

Céline Sciamma est une scénariste et réalisatrice française, née en 1978 à Pontoise. Elle suit une formation aux métiers de l’image et du son à la Fémis avant de réaliser son premier long-métrage en 2006, Naissance des pieuvres, présenté à Un Certain Regard au Festival de Cannes 2007. Céline Sciamma place au cœur de son œuvre les questions de genre, d’identité et de représentation, mettant en lumière des récits de femmes et des histoires queer



Elle poursuit cette exploration avec Tomboy (2011) et Bande de filles (2014), films qui confirment son regard singulier sur l’adolescence et les marges sociales. Avec Portrait de la jeune fille en feu (2019), elle s’impose sur la scène internationale, remportant le Prix du scénario à Cannes et devenant une voix incontournable du cinéma féministe. Son cinéma, intime et politique, conjugue sensibilité esthétique et engagement militant, faisant de cette réalisatrice une figure majeure des luttes pour une meilleure représentation et une plus grande égalité dans l’industrie cinématographique.


Céline Sciamma
Céline Sciamma
« Le cinéma est un espace politique : chaque film participe à dessiner qui nous sommes et qui nous voulons voir. » Céline Sciamma

Le portrait de la jeune fille en feu raconte l’histoire de Marianne, une peintre engagée pour réaliser en secret le portrait de mariage d’Héloïse, une jeune aristocrate qui refuse de poser pour un futur époux qu’elle ne connaît pas. Un film, qui témoigne de la naissance d’une intimité, de son vécu et de son souvenir. Une proposition artistique portée avec brio par un duo de comédiennes aussi talentueuses que sensibles que sont Adèle Haenel et Noémie Merlant. Une histoire d’amour qui illustre la fabrication d’une langue commune à deux personnes, plus que d’un simple récit de séduction, on observe la création d’un univers unique. Un huis-clos féministe assumé, qui raconte l’histoire de deux femmes aux parcours singuliers, qui réinvente la signification de l’amour et qui pointe du doigt la singularité de chaque histoire d’amour comme la naissance d’un monde qui a été, est et sera. 



Une proposition audiovisuelle qui ne contient aucun rôle masculin marquant, en vérité il n’y en a qu’un, anecdotique, comme pour marquer cette volonté de construire un récit autour du regard féminin. Le regard est au centre du film, il nous invite avec tendresse à observer les protagonistes comme des sujets, d’une époque mais dont le discours est intemporel, et non comme des objets, faisant un contre-pieds au cinéma mainstream sexiste qui fait de la femme et des rôles féminins un objet de désir à travers le Male Gaze. La représentation de la femme est le coeur du film, le regard masculin n’étant pas neutre, la femme est dans ce film permise et se permet d’être elle même. 


Ce film, comme le reste de la filmographie de Céline Sciamma, est aussi l’histoire d’une émancipation féminine qui n’accepte pas le destin que la société veut lui imposer. Dans le récit, cela se traduit par le refus d’être promise à un mari dont elle ne veut pas et, dans la réalisation du film, cela se traduit par la construction d’une équipe technique essentiellement féminine pour porter au devant et derrière les caméras le regard féminin, une façon de libérer la parole grâce aux regards et de permettre une forme d’expression trop longtemps étouffée. Le Portrait d’une jeune fille en feu est également un film sur l’art, explorant la création picturale, le lien entre modèle et peintre, et la manière dont l’acte artistique devient un vecteur d’intimité, de mémoire et de résistance face aux contraintes sociales.


Portaitait de la jeune fille en feu
« Je ne voulais pas te peindre. Je voulais te regarder. »

L’intelligence du scénario réside dans le fait qu’il s’attache à raconter en images la liberté de ces femmes, il ne perd pas de temps à déconstruire un système de domination historique. Un film presque utopique, un monde imaginé, qui dans le regard des deux protagonistes rend l'impossible possible. Une histoire sans domination de genre ni de classe, entre deux âmes, qui fait de l’exception d’une histoire homosexuelle, dont les récits manquent cruellement dans le paysage audiovisuel, une vérité humaine. Le mythe d’Orphée est au centre du récit et témoigne du regard historiquement masculin porté sur l’amour : dans le film, c’est Eurydice qui est remise au centre de l’histoire, donnant voix à celle qui subit et observe plutôt qu’à celle qui sauve. Cette réinterprétation inversée permet de réinventer le récit amoureux, en montrant la puissance du désir et de la subjectivité féminine, et en faisant de l’histoire un espace où le regard féminin devient moteur de sens et de liberté.


La sororité est également un thème important de la filmographie de Céline Sciamma, une solidarité féminine essentielle dans un monde de contraintes. Elle se manifeste à travers des liens profonds entre ses personnages féminins, qu’il s’agisse d’amitiés ou de complicités intimes, permettant de résister ensemble aux pressions sociales et aux injonctions de genre. Dans ses films, cette solidarité devient un moteur d’émancipation et un espace de reconnaissance mutuelle, où les femmes se soutiennent, s’écoutent et s’affirment face à des structures dominantes qui cherchent à les invisibiliser.


Sur le plateau de Portrait de la jeune fille en feu
Céline Sciamma sur le plateau
« Il ne suffit pas de raconter des histoires : il faut changer le regard. » Céline Sciamma

Céline Sciamma, c’est aussi l’histoire d’un combat indissociable avec son œuvre. Un combat qui fait d’elle l’une des voix les plus engagées du cinéma français. Une réalisatrice qui porte sa voix à plusieurs reprises pour dénoncer les inégalités structurelles de l’industrie cinématographique et pour pointer l’impact du male gaze comme vecteur des inégalités de genre dans la société. En 2018, elle participe à la fondation du collectif 50/50 qui a pour objectif de promouvoir l’égalité entre les femmes et les hommes ainsi que la diversité dans le cinéma. 


Parallèlement, elle prend position publiquement lors de grands événements, comme aux César 2020, où elle quitte la salle aux côtés d’Adèle Haenel après la récompense attribuée à Roman Polanski, affirmant ainsi sa volonté de rompre avec un système d’impunité. Par son art comme par ses prises de parole, la réalisatrice s’impose donc comme une figure de résistance et de réinvention, défendant un cinéma qui reflète toutes les identités et qui participe à transformer les récits collectifs.


j.n

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