Vivere di teatro con Denise Valentino
- Penelope Contardi
- 29 apr
- Tempo di lettura: 7 min
Aggiornamento: 9 mag
Rubrica: Emergere Denise Valentino, prima attrice teatrale, poi regista e scrittrice, ci racconta il suo percorso artistico e lavorativo, partendo dai suoi primi passi e arrivando alla creazione della sua compagnia teatrale amatoriale La Casta D, situata sul territorio cremonese.

Partiamo dal principio: qual è stato il tuo primo ricordo legato al teatro?
Per me è stato importante un momento in particolare, anche se ero ancora piccola: sono stata scelta in seguito a delle selezioni come protagonista di una semplicissima recita messa in scena alla fine di un laboratorio estivo. Ci è stato dato un breve monologo per il provino ed ero stata l’unica ad impararlo tutto a memoria. Sentivo già di essere brava e che quella poteva essere la mia strada: essere scelta, per la me bambina, è stata una piccola conferma che il teatro poteva essere la giusta via.
Sapendo già qual era la tua vocazione, come ti sei formata per intraprendere praticamente la via del teatro?
Avrei voluto iniziare molto prima, ma ho accettato un compromesso con la mia famiglia che mi ha chiesto di completare una scuola superiore prima di dedicarmi al teatro. Ho cercato comunque di formarmi dal punto di vista artistico leggendo moltissimo, guardando un numero spropositato di film, andando il più possibile a teatro e frequentando dei laboratori amatoriali. Ritengo che nella vita, quando si è sulla strada giusta, si accendano delle luci che vanno colte e serve poi il coraggio di seguirle. Così è stato per me. Dopo la maturità ho iniziato un'accademia che inaugurava la sua sede a Cremona proprio quell’anno; in realtà non l’ho terminata, perché alla fine del primo anno ho ricevuto un’offerta lavorativa come attrice da un regista che mi avrebbe assunta regolarmente, quindi, pur avendo solo 19 anni, ho firmato il contratto e sono partita per cinque anni per mari e monti, dedicando tutta la mia vita alla compagnia. Senza dubbio questa è stata la scuola più importante. Fare così tanti spettacoli, in spazi scenici diversissimi - dalla sala comunale, al grande teatro -, davanti a pubblici sempre nuovi, è un banco di prova incredibile.
Come è avvenuto il passaggio dalla volontà di fare l’attrice a quella di passare al ‘dietro le quinte’?

Il passaggio è avvenuto quando mi sono approcciata al cinema, prima non avevo mai considerato questa possibilità. Quando sono stata su un set importante a Cinecittà ho improvvisamente conosciuto il mondo del dietro le quinte: mi sentivo una bambina in un parco giochi. Sul set il tempo era molto dilatato e ciò mi ha dato la possibilità di entrare in contatto con gli addetti ai lavori facendomi rivelare i trucchi di tutto ciò che non vediamo, ma che è essenziale per la messa in scena.
Nel mentre ho avuto la conferma che il cinema non era la mia strada, quindi ho collegato tutto ciò che avevo scoperto al teatro: mi si è aperto un mondo che mi ha portata ad appassionarmi alla regia teatrale e ad investire nella scrittura. Ciò che amavo di più l’avevo sempre tenuto in un cassetto: col tempo ho acquisito la sufficiente fiducia per tirarlo fuori.
Come si può creare da zero una realtà come quella che hai costruito?
Il primo passo da fare è andare oltre a tutte le resistenze delle persone che ti dicono che non ce la farai. Quando vuoi intraprendere una carriera artistica, molti, anche se ti vogliono bene, diranno che sarà impossibile vivere della tua arte. Superato questo primo ostacolo, quello che ho fatto io, iniziando da zero, è stato armarmi di umiltà e capacità compromissoria. Ho iniziato in un paesino fuori Cremona, tenendo un laboratorio teatrale estivo quasi gratuito per adulti. Dopo due anni circa il laboratorio si è spostato in un oratorio più grande di Cremona: in 2 o 3 anni sono arrivata a tenere due classi e ad avere un pubblico sempre più ampio agli spettacoli finali. Il passo successivo è stato spostarsi - finalmente - in un teatro vicino Cremona. A fine 2019 c’erano i presupposti per un salto di livello: ho deciso di creare una mia compagnia amatoriale - realizzando uno dei miei sogni - chiamata La Casta D. Oggi la compagnia è attiva, con vari spettacoli: quest’anno sta girando molto il nostro nome, quindi non sono più io a dover cercare collaborazioni, ma sono le realtà del territorio come Soroptimist, I care, We care e Aida a commissionarmi dei lavori e questo mi fa molto onore. La crescita è stata lenta, ma è stato un bene, sono arrivata a repliche, commissioni e ai teatri importanti nella mia città solo quando ero pronta.
Com’è provare ad emergere in una città come Cremona? E perché la scelta di rimanere e costruire nella tua città natale?
Ho sempre viaggiato molto e non ho mai sentito di avere una casa, anche durante la mia infanzia non ho mai avuto un solo nido. Ho scelto poi un lavoro che mi ha portata a girare per tutta l’Italia e ad avere la valigia sempre pronta. Percepivo la necessità di avere un luogo mio, quindi verso i 25 anni ho deciso che mi sarei fermata e avrei trovato, anche qui, il modo di costruire la mia realtà con la mia arte.
Sicuramente non è stata la scelta più semplice: è una città carente di spazi, bandi e opportunità per i giovani. Personalmente ho dovuto fare tutto in modo indipendente. Per emergere in contesti simili bisogna scommettere su se stessi e crearsi da soli le proprie opportunità.
Rispetto alla media dei registi teatrali sei giovane e senza dubbio nell’ambiente esiste una disparità di genere.
E’ un tema delicato. L’ambiente della regia teatrale è di certo un ambiente maschile e non giovane: entrambe le cose le vivo, ma, personalmente, non mi hanno bloccato la strada. Ora che ci penso, nella mia città credo di essere l’unica regista donna, sono tutti uomini e - tranne uno - sono parecchio più grandi di me. La questione dell’età è un problema molto italiano, contesto che dà poca fiducia e valorizza poco il talento giovanile: fino ai 50 anni circa è difficile essere rispettati come registi teatrali. Riguardo la questione di genere, ho visto molti episodi in cui mie colleghe sono state scavalcate in quanto donne, anche in realtà più affermate. Posso dire che solitamente il mio modo di lavorare viene rispettato anche dagli uomini, forse perché ho un carattere poco predisposto a essere sottomesso, molto sicuro. Questo purtroppo viene spesso definito ‘maschile’: io sono solamente molto decisa sul mio lavoro, sono una donna sicura, non sono ‘maschile’.
Da cosa trai principalmente ispirazione per scrivere?
Ora spesso ho lavori commissionati, quindi cerco di immergermi nel tema richiesto. Di recente è successo col tema della violenza di genere: prima di approcciarmi alla scrittura faccio numerose letture, cerco di informarmi il più possibile attraverso documentari, podcast, articoli, se possibile incontro persone che mi raccontano la loro esperienza. Mentre faccio queste cose mi appunto delle parole, o una combinazioni di queste, che fanno risuonare in me certe corde e che aprono certe porte: se le leggo o le dico, ci entro e inizio il processo di scrittura.
Se invece sono libera di scrivere ciò che voglio, traggo ispirazione principalmente dalla lettura delle autrici che amo come Isabelle Allende e Alda Merini, oppure nella musica di cantautori e cantautrici come De André o Carmen Consoli. Le parole di queste persone risvegliano in me altre parole, è lì che trovo l’ispirazione. A volte anche solo la musica, mi può portare in posti dove non sono mai stata, ma in cui mi sembra di tornare. Non so se mi spiego.
Scelgo sempre con cura le parole che non scrivo e che non dico. Credo che l’ingrediente segreto, la componente magica, stia nelle parole che si leggono tra le righe... che le mie attrici non pronunciano, ma che tutti possono sentire.
Crescendo artisticamente quali sono stati i tuoi modelli teatrali? Dalla recitazione alla regia. Le attrici e attori teatrali che mi hanno ispirato sono molte e molti: posso citare Lella Costa o Giuliana de Sio, lei in teatro è incredibile, a 16 anni l’ho vista e mi ha totalmente stregata, il mio respiro andava a ritmo col suo. Ho avuto la fortuna di vedere dal vivo Ronconi e Albertazzi che è stato per me l’apertura di mille mondi. Se devo trovare un’ispirazione registica devo parlare di Peter Brook: amo il suo modo di semplificare la scenografia fino all’essenziale, il suo valorizzare l’attore sul palco come vero protagonista della scena senza cornici.
Il tuo teatro tratta sempre di forti tematiche sociali: quanto è importante per te portare sul palco le questioni che ti stanno più a cuore?
Una delle cose da cui traggo più soddisfazione è quando la mia arte prende per mano il sociale e in qualche modo riesco ad aiutare delle realtà in cui credo. Il teatro è il mio modo di fare battaglia, di scendere in piazza. La mia rivoluzione avviene sul palco. Se mi è possibile inserirò sempre le mie battaglie nei miei testi, anche strappando un sorriso. Ho potuto collaborare inoltre con alcune realtà del mio territorio che stimo molto. In primis è successo con Aida che combatte la violenza di genere in modo molto pratico; quando mi hanno commissionato uno spettacolo, ero entusiasta perché potevo portare un messaggio davvero importante sul palco e allo stesso tempo dare visibilità e sostegno economico - tramite offerte - all’associazione. Il fatto che grazie alla mia arte, io e La Casta D riusciamo a raccogliere fondi per delle realtà e a sostenerle praticamente è la mia massima aspirazione, questo per me è il successo.
Attualmente a cosa stai lavorando? Puoi darci un’anticipazione sui tuoi progetti futuri?
Oltre al lavoro con la mia compagnia - La Casta D - con cui sto preparando uno spettacolo commissionato e una sceneggiatura totalmente mia, tengo tre laboratori teatrali: un corso base, uno avanzato per adulti e uno per ragazzi e ragazze delle medie, tutti con la finalità di preparare uno spettacolo e metterlo in scena. Abbiamo poi in programma 2 o 3 collaborazioni con comuni della provincia di Cremona, dove porteremo con la compagnia estratti dei nostri spettacoli; stiamo lavorando ad una nuova collaborazione con Soroptimist e anche ad un progetto molto ambizioso di cui, per ora, non posso parlare. Personalmente ormai da un anno e mezzo sono anche ghostwriter: ciò mi ha permesso di rendere la scrittura un lavoro, cosa che è sempre stata uno dei miei più grandi sogni.
In ultimo, non posso non citare una persona che stimo profondamente che è inciampata nella mia vita grazie ad una collaborazione per Aida: la scrittrice Rosa Ventrella. È stato un incontro magico da cui è nato lo spettacolo teatrale Il resto è ruggine, tratto dal suo best seller Benedetto sia il padre. Abbiamo in programma altre collaborazioni per il futuro che non posso purtroppo ancora rivelare, ma mi sento di ringraziarla pubblicamente per quanto crede in me e nella mia arte.

p.c.
Molto interessante, bellissimo esempio
Bellissima intervista!!!!! Traspare la passione di Denise per il teatro, Complimenti