Suono indipendente con Gaia Cumetti
- Francesca Viapiana
- 8 apr
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 18 giu
Rubrica: Emergere
Gaia Cumetti è una giovanissima batterista e aspirante fonica. Suona per i Vision Division e per i Makka Pinkelton & The Great Sumo Slam. Attualmente lavora al Covo Club di Bologna e spera che nel mondo della musica ci sia sempre più spazio per giovani ragazze talentuose e volenterose come lei.

Raccontaci chi sei e la tua formazione.
Sono del 2002 e sono bergamasca, più precisamente di Carobbio degli Angeli, un paesello di 4000 abitanti in campagna; a casa ho otto capre, quindi, decisamente, non ho un background urban. Io e mia sorella gemella Lisa siamo le uniche nella famiglia che hanno deciso di dedicarsi a cose artistiche e culturali, però la musica è stata sempre presente a casa mia. Alle elementari i miei genitori mi hanno iscritto a un corso di tromba, anche se avrei voluto suonare il corno. Alle medie ho iniziato a suonare la batteria e ho avuto un insegnante che mi ha indirizzata verso il pop rock. Lui è stato uno dei primi ad aiutarmi a vincere la mia forte timidezza, spronandomi a suonare ai saggi di fine anno e ad unirmi ad un gruppo d’ensemble che suonava rock. Dopo il liceo, ho smesso di suonare e mi sono trasferita a Bologna con mia sorella. Senza esserci mai stata, avevo già il culto di Bologna come la città degli artisti di sinistra che suonano per terra: mi sembrava essere il mio mondo. Lì ho studiato al DAMS dove mi sono laureata con una tesi sulla musica nell’audiovisivo. Il DAMS ha il difetto di essere solo teorico e di non aiutarti a mettere in pratica quello che hai imparato, però la cosa più preziosa che mi ha dato è stata la rete di conoscenze e amicizie con passioni affini alle mie.
Invece com’è stato il tuo percorso da batterista a Bologna?
Un po’ per caso, grazie a conoscenze e incontri fortuiti, sono entrata a far parte di due gruppi indipendenti in cui suono la batteria, i Vision Division e i Makka Pinkelton & The Great Sumo Slam. Il frontman del primo gruppo è Giorgio Drago che ha avuto molta fiducia in me, nonostante fossi molto insicura. Posso dire che per me queste esperienze sono state un percorso di liberazione da molte mie paure e di affermazione del mio potenziale. Sono diventata molto più sicura, anche se quando vedo altri gruppi tendo sempre a mettermi a confronto con lə batterista, soprattutto dal punto di vista tecnico, però a quanto pare, per fortuna, ai miei gruppi piace come suono.

Senti quindi di essere molto cresciuta grazie a queste esperienze?
Sì e una cosa che non mi sarei mai aspettata di sbloccare è stata la mia voce. Ho sempre cantato esclusivamente in solitaria, sotto la doccia, facendo attenzione a non essere sentita. Un giorno, per caso, durante le prove dei Vision Division, proviamo a fare dei cori per una canzone e Giorgio rimane sorpreso dalla mia voce intonata. Da lì, ho acquisito la libertà di cantare in pubblico e, in una delle ultime prove, Giorgio mi ha anche chiesto di cantare in un pezzo. Mi piace molto l’idea di unə batterista che canta perché non se ne vedono moltə. Per questo, devo ringraziare molto Giorgio che mi ha sempre spronata e mi ha insegnato ad essere più sicura.
Com’è per te il momento del live?
Prima di venire a Bologna non avevo mai suonato realmente davanti ad un pubblico, quindi per me è molto strano, ma mi dà una carica assurda. Ora non ho nemmeno così tanta ansia, forse perché sono contesti piccoli o forse perché sono all'interno di un gruppo e con loro mi sento sempre a casa. Una volta che superi la paura, diventa molto divertente perché il live è il regno dell’imprevedibilità: possono capitare degli inceppi, come dei momenti particolarmente buoni che gasano te e il pubblico. È chiaro che all’inizio sono più fredda, poi ci si scambiano sguardi e sorrisi, oppure capita che riconosco qualcuno nel pubblico che è venuto a sentirmi suonare: così mi sciolgo velocemente e riesco a godermi totalmente il momento.
Attualmente lavori al Covo Club, un locale bolognese. Come ti trovi e come ti sei avvicinata a loro?
Sì, al Covo avevo suonato con i Vision Division e con Giorgio eravamo andati a chiedere la registrazione del live. Abbiamo parlato con il fonico, Enrico Guidi, detto Gnappo, e gli ho chiesto se per caso prendessero dei tirocinanti e lui si è mostrato incredibilmente disponibile. È stata un’occasione d’oro perché mi ha insegnato molte cose del suo mestiere e, finito il tirocinio, mi hanno assunta e ora sto diventando sempre più sciolta nel lavoro tecnico. Mi piace molto l’ambiente perché posso conoscere persone interessanti e apprendere tanto, ma soprattutto perché ci sono persone molto genuine.

Quale pensi siano le principali difficoltà per lɜ giovani musicistɜ e che consigli daresti loro?
Credo che per i giovani e per le nuove proposte ci sia spazio su piccola scala, su quella grande ci sono sempre i soliti nomi. Può essere un ambiente difficile e disorientante perché non c’è un percorso stabilito, per questo è utile frequentare il conservatorio o un’accademia: conoscere altrə artistə in questo ambiente è fondamentale per collaborare e creare spazi per trovarsi e unirsi. Lavorando al Covo, mi sono resa conto che nel settore si conoscono un po’ tutti, specialmente tra i tour manager e lo staff dei vari locali. A Bologna ci sono alcuni luoghi che danno spazio a noi indipendenti come, appunto, il Covo, che ci ha permesso di aprire alcuni concerti, il Freakout Club oppure il Circolo La Staffa che è un punto di ritrovo per molti musicisti. Importante è il Collettivo HMCF che supporta artistə indipendentə e permette la collaborazione. In generale, però, direi che la cosa più importante è trovare le persone giuste con cui ti senti a tuo agio, ma è altrettanto fondamentale saper fare un po’ di tutto. Nell’ultimo periodo mi sto concentrando sugli eventi live e voglio imparare tutto quello che vi è intorno. Io sono stata molto fortunata a trovare persone disposte ad insegnarmi e a spronarmi, però bisogna anche saper cogliere le occasioni, magari iniziando in ambienti piccoli in cui è più semplice osservare, imparare e buttarsi, soprattutto quando il percorso non è tracciato.

Tu sei una ragazza che lavora in contesti molto maschili. Qual è la tua esperienza?
La musica è ancora un ambiente in cui c’è un forte divario di genere. Nei Vision Division si è da poco aggiunta Virginia Boffo al basso e solo in quel momento mi sono resa conto che fino ad allora avevo suonato solo con uomini. È evidente come le donne nelle band siano meno presenti e, se lo sono, sono spesso le cantanti, come ad esempio nei Paramore; pensando anche a band mainstream, Victoria De Angelis come bassista nei Måneskin rappresenta una particolarità. Altrimenti ci sono band tutte al femminile, come le Boygenius e questa loro caratteristica i media la raccontano come una cosa speciale o come l’unico loro tratto degno di nota. Penso che questo aspetto sia molto evidente nel rock, genere in cui i gruppi più famosi sono tutti al maschile, tranne forse i Fleetwood Mac.
Ancora più evidente questa disparità di genere l’ho sentita approcciando la professione di fonica: mi è stato detto da artistə variə che passano per il Covo quanto sia raro vedere una donna occuparsi del lato tecnico dei live e questa non è una questione solo italiana. Credo che le donne non provino nemmeno ad avvicinarsi a questi settori perché scoraggiate in partenza dall’educazione che insegna loro quali sono i ‘lavori da donne’. Una cosa che mi fa effetto è che il fonico tempo fa era obbligato a vestirsi di nero sul palco perché l’idea era di dover essere un’ombra invisibile, al contrario, io mi sento spesso gli occhi addosso e penso sia dovuto al fatto che sono una ragazza che fa un lavoro ‘da uomini’. Fortunatamente, però, sia nella mia esperienza come musicista che come fonica, ho incontrato persone molto genuine e sensibili che non mi hanno mai fatto sentire a disagio, non avevano pregiudizi e non mi hanno mai fatto sentire la pressione o la distanza tra noi, nonostante fossero uomini più grandi di me. Mi piacerebbe molto vedere più ragazze in questi contesti. Spero che possano sentirsi libere e al sicuro nell'avvicinarsi ad ambienti che per troppo tempo sono stati una prerogativa maschile.
Per concludere, che tipo di musica ascolti? E, se ti va, consigliaci della musica da ascoltare.
La musica mi ha sempre dato tanto ed è stata anche un rifugio per me. Ora però mi sento un po’ persa perché mi rendo conto che c’è tantissima musica diversa da ascoltare e non riuscirò mai a conoscere tutto. Se dovessi dare un consiglio direi di ascoltare i Wolf Alice, Phoebe Bridgers e Lamante. Come è evidente ascolto soprattutto voci femminili, non so dire esattamente perché, forse mi toccano a livello di identificazione o perché hanno vibrazioni particolari, non saprei. Però mi piace anche il post-punk, dove invece ci sono più voci maschili.
Taylor Swift è invece il mio guilty pleasure anche se sono contraria a questo concetto perché bisognerebbe essere liberə di affermare i nostri gusti senza vergogna; per farlo, però, penso sia necessario un percorso di decostruzione, infatti nonostante io sia cresciuta con il pop ho iniziato a ripudiarlo. È importante il proprio background musicale e lə artistə che ho elencato non sono necessariamente quelle che ascolto di recente, ma sono gli ascolti che mi hanno formata.
f.v.
Brave. Piene di energia positiva. Avanti così.
Bell’articolo!
Spero aiuti qualche musicista in erba😉