Spazio espositivo Il Gemello Perduto: una grande realtà in una piccola città.
- Penelope Contardi
- 4 dic 2024
- Tempo di lettura: 7 min
Aggiornamento: 15 mar
Rubrica: Emergere

Il Gemello Perduto è un progetto che consiste in uno spazio espositivo situato nel centro di Cremona, fondato nel 2023 da un gruppo di artistə al fine di creare un punto d’incontro e scambio artistico-culturale per giovanə emergentə.
Per attuare il progetto è stata affittata una vetrina in disuso da tre artistə di Cremona con l’idea di allestire un’esposizione mensile per dare la possibilità a più persone possibile di esporre liberamente le proprie opere e far conoscere la propria arte.
Questo spazio al di fuori delle logiche di mercato ha dato voce a una comunità di artistə all’interno di una cittadina poco vitale, dove la cultura spesso viene relegata a realtà già affermate e istituzionalizzate, dimostrando la volontà di mettersi in gioco deə giovanə che viene di frequente e ingiustamente messa in discussione.
Qui intervistate due delle fondatrici del progetto: Giulia Soldi, in arte Ombra di fumo e Morgana Contardi.
P: “Come nasce l’idea di questo progetto?”
G: “Il progetto nasce nel pratico nell’ottobre del 2023, ma l'idea è iniziata molto prima. In particolare io e Morgana abbiamo coniato We must, un ideale che esprime la necessità di esternare la nostra arte e dare la possibilità agli altri di fare lo stesso: la vetrina è stata un grande mezzo per veicolare questo concetto.”
M: “L’idea alla base dello spazio espositivo nasce dalla forte necessità di entrare in contatto con gli artisti emergenti del territorio, sicuramente per confrontarci riguardo ai nostri ideali artistici e culturali, ma anche per discutere di questioni pratiche: condividere luoghi di lavoro, sapere a che enti e personalità rivolgersi, scambiarsi materiali… crediamo fortemente che la crescita nasca dalla condivisione, in tutti i sensi.”
G: “L’idea di affittare uno spazio espositivo libero e aperto a tutti viene poi dalla volontà di dare agli artisti la possibilità di esporre nel pratico la propria arte, anche per chi è alle prime armi; crediamo fortemente nella potenzialità dei giovani artisti a cui va necessariamente data fiducia.”
P: “A cosa si deve il curioso nome del progetto?”
G: “Osservando retrospettivamente il nostro percorso, posso affermare che il nome del progetto esprime il concetto di ritrovare nell’arte dell’altro la tua stessa arte, da qui il nome Il Gemello Perduto. Esiste una sintonia tra le opere che supera quella tra le persone che le creano, spesso avviene un rispecchiamento tra opere d’arte oltre ogni logica… è anche ciò che sta alla base dei movimenti artistici d’altronde. Vedere la propria arte rispecchiata nell’arte altrui riesce inoltre a validare il proprio percorso artistico: se ciò che fa l’altro ha un valore, allora anche ciò che faccio io può averlo… e c’è anche in parte la consolazione di non soli nel proprio percorso di esplorazione. Come affermato prima, il confronto è fondamentale per conoscersi e crescere: crediamo fortemente che il lavoro in comunità porti un miglioramento nella propria esistenza oltre che nella propria arte.”
P: “Come siete entrate in contatto con gli artisti inizialmente?”
M: “All’inizio è accaduto tutto tramite passaparola, è stato facile in una piccola città come Cremona: esistono già alcune realtà in cui si riunisce qualche artista, come il centro sociale Kavarna che ci ha permesso di entrare in contatto con varie persone interessate alla nostra idea. Ognuno poi conosceva qualcun altro a cui presentare il progetto.”
P: “Come è stato rapportarsi con gli artisti in erba del vostro territorio e come hanno accolto la proposta?”
M: “È stato davvero bello dare loro la possibilità di connettersi, esternare la propria arte e condividere il proprio messaggio, consentendo loro anche di farne un lavoro attraverso la vendita delle opere. La proposta è stata accolta con estremo entusiasmo perché non c’è in città un altro spazio così. Esporre è davvero difficile se non si passa per ambienti già istituzionalizzati come le accademie, se non ci si può permettere di pagare un’esposizione o se non si hanno le giuste conoscenze nel settore. Pensa che ha esposto con noi anche un'insegnante del Liceo artistico di Cremona e con entusiasmo ha affermato che avrebbe proposto l’iniziativa a tutti i suoi studenti perché non sapeva a chi rivolgersi per far esporre i più meritevoli.”
G : “C’è comunque qualche realtà che sta cercando di rinnovarsi e dare più spazio ai giovani sul territorio come l’Associazione Artisti Cremonesi… diciamo che noi abbiamo dato la possibilità di esporre ogni forma d’arte in ogni modo e questa è una chance unica, che dà grandissima libertà agli artisti.
Col tempo si è creata una vera e propria rete che era proprio lo scopo del progetto. L’ispirazione massima di questo senso comunitario nell’arte per noi è il progetto Womanhouse: un gruppo di artiste donne che collaborando hanno creato una vera comunità, hanno costruito una casa dove hanno convissuto e performato. Noi non siamo arrivate a costruire una casa da zero coi nostri collaboratori, ma possiamo dire di aver usato solventi per sciogliere vecchie colle, pulito e sistemato a lungo prima di usare lo spazio espositivo.”
P: "Il progetto ha ottenuto la visibilità che vi aspettavate?"
M: “In realtà dobbiamo ammettere che non ci aspettavamo che ottenesse particolare visibilità: questo spazio nasce dagli artisti per gli artisti e possiamo ritenerci soddisfatte del successo che ha avuto tra gli emergenti della città. Le persone erano certamente incuriosite, spesso chiedevano informazioni e si fermavano volentieri ad osservare le opere… da parte delle istituzioni, come giornali locali o altri enti, invece, non c’è stato un vero interessamento.”
P: “Le vostre esposizioni poggiavano su un bellissimo concept, potete spiegare di cosa si trattava?”
G: “Innanzitutto c’era l’idea che ogni esposizione avesse come filo conduttore un colore primario: prima rosso, poi giallo e infine blu. Questa scelta è nata dalla volontà di lasciare massima libertà espressiva agli artisti poiché per essere inclusi era sufficiente presentare un’opera che contenesse anche solo in parte uno di questi colori; così facendo siamo riuscite a non limitare la libertà artistica di nessun partecipante, poteva essere esposto ogni genere, dal realismo all’art brut, dalla scultura alla fotografia. Ogni esposizione inscenava poi una stanza: rosso era il piccolo salotto, giallo il bagno e blu la camera da letto. Il concetto era quello di ricreare uno spazio intimo, stanza per stanza, il vecchio bilocale di un’artista: pienissimo di cose disomogenee, collezionate, scambiate, create, il racconto di una vita, in cui l’elemento di coerenza era appunto il colore caratterizzante la stanza” M: "Questa cornice tridimensionale era un taglio sul privato, l’elemento voyeuristico era forte e aiutava ad attirare l'attenzione dei passanti, attratti da questa stanza sezionata che affacciava a picco sulla strada. Ci sembrava una potente metafora del guardare l’opera d’arte di qualcuno: sbirciare nel suo intimo, nel privato e nel nascosto, in ciò che di solito non si può vedere e ti dicono di non guardare.”
P: “C’è stata una particolare ‘avventura’ riguardante la pelle di un coccodrillo…”
M: “Decisamente… è stata una cosa davvero surreale. Ci hanno informate che per esporre la pelle di coccodrillo che abbiamo inserito in rosso era necessario un certificato di proprietà… questo certificato non c’era, dunque, i carabinieri hanno constatato fosse una refurtiva; non sapevamo nulla non essendo state noi a portare la pelle come materiale d’esposizione. Ecco, non c'entrando personalmente non siamo state sanzionate, l'unico problema è che la vetrina è rimasta chiusa per un po’ poiché i carabinieri che dovevano venire a ritirare la pelle ci hanno impiegato più del previsto. Ѐ stata anche l’unica volta che un giornale locale ha parlato, anche se indirettamente, del nostro progetto.”
G: “Beh, se questa vicenda ci ha lasciato un insegnamento positivo è: non esporre cose di cui non si ha un certificato di proprietà e controllare che cosa è legale o meno esporre! Sicuramente è stato un errore in buona fede causato dall’inesperienza. Un altro consiglio che posso dare è controllare l’autenticità delle opere, far firmare sempre i quadri prima di esporli e conoscere gli artisti di persona per chiarire tutte le condizioni prima di iniziare una collaborazione.”
P: “So che ora vi siete emancipate da questo progetto che sta però proseguendo: essendo terminata per voi questa esperienza, consigliereste ad altri giovani di buttarsi in progetti così? Si può fare anche senza troppe risorse o competenze iniziali?"
G: “Mi promuovo per la formazione di chi tratta l’arte: è molto importante per farlo nel modo giusto, non ritengo che sia necessario avere una laurea in merito, basta anche un’approfondita conoscenza basata su studi personali. Oltre alle conoscenze artistiche teoriche mi permetterei di dire che sono importanti le conoscenze a livello legale, delle basi grafiche per creare siti, locandine e volantini informativi e anche un minimo di conoscenza dell’utilizzo dei social. Il sito in particolare è fondamentale perché i quadri proseguano, anche se solo virtualmente, la loro esposizione; inoltre è davvero soddisfacente creare un archivio del progetto”
M: “La questione economica poi non può essere ignorata, per affittare uno spazio servono delle risorse e per noi è stato necessario anche fare dei sacrifici per permettercelo: per la prima esposizione la partecipazione era gratuita, ma poi per sostenere il progetto siamo state costrette a chiedere un contributo, un’offerta libera, non per forza in denaro, ma anche in materiali utili al progetto. Un altro consiglio fondamentale per chi vuole imbarcarsi in questo tipo di progetti è lavorare con persone molto fidate, da soli è quasi impossibile addossarsi un carico del genere, sia per la quantità di lavoro, sia per le spese necessarie al sostentamento, bisogna essere però molto chiari coi collaboratori, avere una visione unica e lavorare in armonia.”
G: “Io direi in conclusione che è fattibile, non bisogna sottovalutarsi: c’è speranza per progetti del genere e i giovani devono continuare a farli nascere anche in città poco vitali, dove non molti credono che possano funzionare; c’è bisogno di spazi che nascono dalla necessità di artisti, di persone comuni, ancora fuori dal sistema, che propongono alternative alle vie già consolidate e istituzionalizzate.”
P: “Grazie.”


Veramente interessante! è bellissimo che giovani artist* possano avere degli spazi per emergere! e voi con questo articolo date una mano ulteriormente. brave!