Per un'editoria inclusiva con EQUILATERE
- Chiara Tommasi

- 3 giorni fa
- Tempo di lettura: 5 min
Rubrica: Libreria femminista
EQUILATERE è un service editoriale che si adopera per rendere la comunicazione – sia verbale che visiva – inclusiva e accessibile, liberandola da stereotipi e bias. Collabora con case editrici, aziende e istituzioni per costruire un linguaggio e una rappresentazione che rispettino la complessità del reale senza tuttavia sacrificarne la chiarezza.
Quando e perché avete sentito l’urgenza di dare vita a questa realtà? Cosa mancava, secondo voi, nel panorama editoriale italiano che ha reso necessaria la nascita di EQUILATERE?
EQUILATERE è un gruppo che fornisce servizi editoriali: editing di testi e di immagini. Siamo illustratrici, lavoriamo nell'editoria scolastica, e siamo attiviste femministe. La combinazione di questi elementi ci ha fatto balzare agli occhi l'importanza del linguaggio sia verbale sia visivo nel veicolare concetti discriminatori non solo per le donne ma per tante altre soggettività, in particolare nei libri di scuola e negli albi illustrati per bambini e bambine. I bias che vengono trasmessi, così come i veri e propri stereotipi, sono numerosi e passano anche per la scelta dei soggetti nelle immagini e per un uso della lingua non rappresentativo, dove il maschile sovraesteso anziché includere, esclude con forza. E questo vale non solo per i libri delle scuole ma anche per tutta la saggistica, fatta eccezione per alcune case editrici femministe che fanno sforzi per usare un linguaggio ampio o creare un database di immagini non stereotipate, anche se questi sforzi non sono omogenei e purtroppo non vengono abbracciati sistematicamente da tutte le case editrici e dalla pubblica amministrazione.
Sul vostro sito affrontate con grande chiarezza il tema del linguaggio inclusivo, definendo il maschile né neutro né universale: “il grande imbroglio”, come lo definisce Manuela Manera. Quanto credete sia importante per una casa editrice prendere una posizione netta sul linguaggio? E come si riflette questo concretamente nelle vostre scelte editoriali?
Un uso della lingua non discriminatorio è una scelta politica, oltre che un'azione concreta sulle menti di chi legge. È chiaro che prendere posizione, anche sul linguaggio o sulla creazione delle immagini, è una scelta non facile che molte case editrici preferiscono non fare: essere identificate come case editrici femministe può essere percepito come un rischio, anche se prendiamo in considerazione la connotazione negativa che (ingiustamente) in alcuni ambienti investe la stessa parola “femminista”.

Tuttavia, chi ha il coraggio di prendere posizione e fare quindi delle scelte mirate all'inclusione di tutte le soggettività dà un messaggio chiaro, concreto, politico. Raccontare come questo si riflette concretamente è difficile, ma possiamo fare un esempio per tutti: anziché rivolgersi “ai cittadini e agli abitanti di una città”, noi proponiamo soluzioni più ampie come rivolgersi “alla cittadinanza e a chi abita una città”, allegando un’illustrazione in cui non compaiano solo uomini politici in giacca e cravatta ma un gruppo misto, o magari una fila di votanti sia uomini, sia donne, sia persone non binarie.
Sul fronte squisitamente linguistico, va detto che l'italiano prevede tantissime soluzioni per oltrepassare i limiti di parole che quando si riferiscono a persone, se usate al maschile cosiddetto sovraesteso, creano nella mente l'immagine di un uomo (o più uomini, ma mai gruppi misti).
Tra le vostre attività vi dedicate anche alla traduzione: quali sono i criteri con cui selezionate i testi da tradurre e portare in Italia? Privilegiate autrici specifiche o tematiche particolari? E come affrontate le sfide traduttorie quando si tratta di rendere in italiano un linguaggio neutro/gender-sensitive presente nell’originale?
Questa domanda potrebbe aprire un intero trattato sulla traduzione! In realtà non siamo noi a scegliere i testi da tradurre ma riceviamo delle proposte che valutiamo. Ci è capitato di rifiutare un romanzo perché aveva una prospettiva maschilista e mirava a divulgare valori esclusivamente maschili ed eurocentrici. Le scelte traduttorie sono più complicate di quelle meramente autoriali e vanno necessariamente discusse con chi ha scritto il libro. Traducendo dall'inglese ci si sente più libere, ma quando si traduce da lingue romanze bisogna chiedere all'autrice o autore il consenso per alterare talvolta anche radicalmente la forma originaria per renderla in un italiano ampio e inclusivo.
Avete organizzato laboratori molto interessanti – come “Corpo-Donne-Territorio” a Villa Celestina – e nel vostro spazio N.I.L.D.E promuovete aperitivi e incontri culturali. Ritenete essenziale che l'editoria non sia solo pubblicazione di libri, ma diventi anche uno spazio fisico di incontro, condivisione e formazione, creando una vera e propria comunità sul territorio?
In parte l'editoria già è da molti decenni anche uno spazio fisico di incontro, basti pensare alle presentazioni dei libri che creano comunità sul territorio quotidianamente ovunque. Invertirei quindi i termini della domanda e affermerei che è nell'essenza stessa dell'editoria la capacità di creare comunità che si incontrano anche fisicamente, che condividono valori, e si formano grazie alla partecipazione delle singole persone. È chiaro che più si promuovono questi scambi, più si mediano con un approccio aperto al dialogo e talvolta anche a un conflitto (non violento), più aumenta la possibilità di una crescita intellettuale e una capacità di analisi e spirito critico che se ci si affidasse solo ai social media e alla tv verrebbe drasticamente stroncata.
Partecipate a eventi come il Flush - Festival di editoria femminista: quanto conta per voi fare rete con altre realtà editoriali che condividono i vostri ideali? Credete che l’editoria femminista indipendente possa davvero creare un sistema alternativo a quello mainstream?
Fare rete è assolutamente fondamentale: nessuna battaglia si vince in solitaria. L'idea di una lotta individuale eroica è perdente e per niente femminista! Flush è stata una bella occasione per incontrare altre paladine della parità di genere, obiettivo che certo non è ancora mainstream (malgrado i buoni propositi dell’agenda europea 2030) e ci vorranno probabilmente molti anni perché lo diventi. Francamente non so se è auspicabile che l'editoria femminista diventi mainstream; forse è proprio il concetto di mainstream che andrebbe rielaborato, perché dà un'idea di visione unica che è totalmente opposta a un approccio davvero femminista per cui la differenza di prospettive è uno strumento di crescita e non di indebolimento.
In conclusione, avete dei titoli (o anche dei progetti futuri) che vorreste consigliare alle nostre lettrici per avvicinarsi al vostro modo di intendere l’editoria? E quali autrici o tematiche ritenete fondamentali per chi vuole intraprendere un percorso di lettura femminista e inclusiva?
Essendo un service editoriale noi non abbiamo un catalogo e non abbiamo titoli “nostri” da proporre: non siamo una casa editrice. Abbiamo sì delle proposte editoriali complete per albi illustrati, per esempio, in cui si trattano in modo ironico gli stereotipi di genere, e abbiamo in cantiere un manuale di gender editing e linguaggio ampio. Ma non lo editeremo noi: abbiamo bisogno di case editrici che ci pubblichino. Noi possiamo fornire servizi in cambio: lavorare in equity è un buon modo per creare rete e uscire dalle strozzature del capitalismo.
Intanto teniamo incontri per leggere testi femministi alla biblioteca delle donne di Bologna e forse è da lì che partirei per chi volesse approfondire i femminismi: dalle pagine del sito – Femmy Hour 2023, Femmy Hour 2024 e Femmy Hour 2025 – dove si possono vedere i titoli che abbiamo letto, e dal nostro sito equilatere.it o account Instagram @equilatere.it, dove continuamente aggiorniamo chi ci segue con idee e proposte. E naturalmente dai vostri canali Arti Sorelle, che sono ricchissimi!
c.t.







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