Restrizione. Perché l’abito ha sempre castigato la bellezza femminile?
- Barbara Brutto
- 29 nov 2024
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 14 feb

Per secoli il corpo femminile, ritenuto per natura peccaminoso, si è trovato inserito in strutture rigide e artificiali che, non solo nascondevano il corpo, ma lo modificavano, castigandolo in rigidissimi corsetti. Passando da quelli in ferro, a quelli in ossa di balena, arrivando alle sottogonne (o crinoline) che staccavano il tessuto dalle gambe limitando il movimento e nascondendo le forme fisiche, andando a innescare dentro ogni donna un sentimento di inadeguatezza e peccaminosità legato al corpo che fin dall’infanzia hanno dovuto imparare a nascondere e controllare, creando in ognuna un sentimento di vergogna.
Questo atteggiamento di restringimento del corpo attuato sulla donna palesava simbolicamente il confinamento in cui essa poteva muoversi socialmente: uno spazio ridotto e designato per lei dal sistema patriarcale.
Le forme superficiali degli abiti mutavano nei secoli, soggette agli avvenimenti storici culturali del contesto geopolitico in cui si creavano. Si allargavano e si riducevano le gonne, si alzavano e si abbassavano gli orli, cambiavano i colori, si aggiungevano gli orpelli, i merletti e i tessuti diventavano sempre più pregiati: questi sono i soli elementi attraverso i quali le donne potevano “giocare” ed esprimere se stesse e il loro mondo, ma la struttura opprimente dell’abito rimaneva comunque immutata, fissa e bloccata nel tempo.
Grava da secoli sulle spalle di ogni donna l’idea di voler performare dentro delle strutture impossibili, punendo se stessa e la propria natura, poiché è quello che da sempre viene imposto e insegnato, essendo ritenuto il sesso femminile da plasmare e trasformare utilizzando l’abito come un mezzo di controllo e di oppressione patriarcale.
Solo negli anni venti la donna si riesce a liberare della gabbia fisica opprimente nella quale è stata imprigionata per secoli, abbandonando corsetti e sottogonne, ma, malgrado questo, non riuscirà mai a uscire dalla vera gabbia in cui è sempre stata rinchiusa: l’idea di dover inserirsi all’interno di una struttura che trasforma il corpo seguendo delle linee scelte dall’uomo, che nei secoli detta in modo incalzante un'idea femminile che impone nella società e che, il costume, per definizione stessa, riproduce.
Ed è con fatica che grandi creative del secolo scorso hanno cercato di distruggere questa influenza patriarcale su quello che la donna può e vuole indossare, facendo in modo che siano delle donne, che pensano e agiscono, a creare degli abiti per altre donne per pensare e agire nella vita di tutti i giorni. Nonostante questo, permane tutt’oggi nelle donne l’idea di voler plasmare il proprio corpo al fine di soddisfare delle linee imposte socialmente dal genere maschile.
b.b.
Tema sempre attuale! Penso banalmente ai tacchi... Bellissimo articolo!!