L'arte dei Fashion Movies: il cinema incontra la moda
- Barbara Brutto

- 11 lug
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 25 lug
I tre capitoli del cortometraggio diretto da Alice Rohrwacher per la campagna della collezione pre-fall 25 di Salvatore Ferragamo, comparsi da poco sulle pagine ufficiali della maison fiorentina, prendono vita in tre luoghi differenti eppure simili. Gli episodi, registrati tutti a Cinecittà, catapultano lo spettatore in location che, pur palesemente fittizie, risultano estremamente autentiche.
Tutto ruota attorno all’intenzione principale di creare un parallelismo tra gli artigiani del secondo dopoguerra - che costruivano le scenografie di cartapesta a Cinecittà al il fine di dare vita, partendo dalle macerie, ai capolavori del neorealismo - e Salvatore Ferragamo, che creava il suo regno artigianale seguendo nuove strade e scegliendo per necessità (data l’assenza di acciaio per le scarpe) di inventare la zeppa in sughero.
Il corto si apre con il primo capitolo, L’appuntamento, e fin da subito è chiaro l’intento narrativo di Rohrwacher: portare lo spettatore dietro le quinte e focalizzare l’attenzione sulle tecniche di produzione manuale, celebrando il legame tra l’artigianalità della realizzazione cinematografica e quella degli accessori della maison fiorentina, protagonista insieme ai modelli del corto.
Un telo dipinto con Ponte Vecchio è lo sfondo de L'appuntamento, che Angelina Kendall, la protagonista, raggiunge destreggiandosi con le sue slingback tra cavi e attrezzatura cinematografica, mentre le viene fatta aria con un pannello, un artificio reso sapientemente naturale.
"Maximilian Davis - direttore creativo di Ferragamo - ha voluto che proprio le tecniche di ripresa contribuissero a costruire l’ambientazione stessa, in un richiamo diretto all’idea di Salvatore Ferragamo di trasformare materiali quotidiani in strumenti di innovazione. Un approccio che si riflette in ogni dettaglio, dal concept visivo alla costruzione del set."
L'avventura, il secondo episodio, trasporta lo spettatore in un mare riprodotto simbolicamente con stoffe di diverse tonalità di blu cucite a mano, mentre gli addetti ai lavori, protagonisti discreti del set, pettinano le frange di rafia dei sandali dal tacco sferico in sughero.
"La regia di Alice Rohrwacher traduce l’artigianalità in linguaggio visivo: un mondo dove texture, leggerezza e immaginazione si intrecciano. In questa scena, l’innovazione e il saper fare artigiano diventano protagonisti."
Il corto si conclude con Doppio Sogno, l’ultimo capitolo, che porta la scena tra le colline toscane - proiettate su un cilindro che ruota manualmente - mentre Angelina Kendall passeggia con una bicicletta in compagnia della sua gemella illusoria, il suo doppio.
Questo non è il primo lavoro nato dall’approccio tra Rohrwacher e i cosiddetti fashion movie: nel 2015, infatti, è uscito De Djess, un cortometraggio per Miu Miu Women’s Tale.
A partire dal 2011, Miu Miu ha collezionato 29 episodi, uno per la collezione fall/winter e uno per la spring/summer, per Women's Tale, una serie di short movies commissionati e diretti da registe di fama internazionale. Ogni episodio è un viaggio all’interno di un mondo affascinante e surreale, nel quale i capi diventano, insieme alle attrici, i protagonisti della storia raccontata.
I cortometraggi sono presentati ufficialmente in due occasioni: a New York quelli dedicati alla S/S a febbraio, mentre quelli della F/W al Festival del Cinema di Venezia a settembre, in una sezione dedicata.
“Miu Miu ha invitato le registe a celebrare la femminilità del XXI secolo con uno sguardo critico, offrendo completa libertà di esprimersi attraverso la loro visione creativa [...] un’esplorazione seria ma giocosa delle idee in continua trasformazione sulla femminilità.” Si legge sulla pagina ufficiale del brand, nella sezione dedicata al progetto.
Women’s Tale #9 by Alice Rohrwacher, presentato a New York il 18 febbraio 2015, è un cortometraggio surreale che catapulta lo spettatore in un tempo sospeso a metà tra gli anni d’oro delle dive di Hollywood e la quotidianità, il tutto ambientato all’interno dell’Hotel Excelsior del Lido di Venezia.
La scena inizia sulla spiaggia dell’hotel, dove una suora fa raccogliere dal mare dei vestiti arrivati a riva dentro buste di plastica che ricordano nella forma e nei colori delle meduse. L’attenzione si sposta all’interno della hall dell’hotel, dove gli abiti gocciolanti sono appesi ad una rella, mentre un susseguirsi incessante di cameriere metodicamente guidate dalle indicazioni della suora prendono uno ad uno gli abiti e si dirigono nelle stanze dell’hotel. Nel frattempo un'orda di paparazzi irrompe nella hall, pronta a catturare gli abiti indossati da una serie di dive bionde, che, una dopo l’altra, svengono davanti alle telecamere. De Djess, l’abito protagonista, arriva nella stanza 328 per essere indossato da Divina, una star hollywoodiana d’altri tempi -interpretata da Alba Rohrwacher- ritratta mentre impreca contro il suo assistente in una lingua incomprensibile.
"Il linguaggio che abbiamo usato è nato da improvvisazioni che poi abbiamo fissato. Il grammelot è stato un gioco. Una lingua che fa capire tutto anche quando non si dice niente di sensato. Abbiamo cercato una lingua bizzarra che suggerisse la provenienza di ogni personaggio. Divina è probabilmente anglosassone, il suo agente italiano… Forse l’unico a parlare davvero è proprio il vestito, De Djess."
Dice Alba Rohrwacher ad Amica Magazine.
Ed è questo che la regista vuole comunicare, attraverso un mondo riflesso dove sono gli oggetti a scegliere i propri proprietari e non il contrario. Come accade con De Djess, che mette in fuga Divina, “si indossa” alla giovane cameriera a cui era stato affidato e, al momento di essere immortalato, sfugge agli scatti dei fotografi, le cui macchine improvvisamente si scaricano.
Il finale, quindi, sottolinea la surrealtà del cortometraggio che gioca nella sospensione temporale delle scene, alternando momenti di esilarante frenesia ad altri di assordante staticità, capaci di mostrare come solo l'abito sia il protagonista di un mondo che si piega alle sue regole.
Questo è ciò che si respira in tutte le Tales di Miu Miu: uno sguardo femminile su una realtà apparentemente surreale, ma carica di significati che porta lo spettatore ad interrogarsi sulle tematiche affrontate. Non si tratta solo di moda o di cinema, ma di un viaggio che, unendoli, trasporta all’interno di una femminilità che la stessa Miuccia Prada indaga con Miu Miu da oltre trent’anni.
Quello che si evince da questi due cortometraggi è che i fashion movies non siano più soltanto delle pubblicità o dei cortometraggi promozionali, ma veri e propri progetti per comunicare l’estetica e i valori legati alla maison che li ha commissionati.
Coniugando moda, arte e cinematografia, si crea un prodotto immersivo e coinvolgente che oltrepassa i limiti commerciali e assume un valore, non fine a se stesso ma correlato al messaggio che veicola.
b.b.




















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