Il "non-corpo" di Elena Ferrante
- La redazione di Arti Sorelle

- 27 mag
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 17 giu
Categoria: Libreria femminista
In un’epoca in cui la dimensione visiva domina la nostra quotidianità e i media ci bombardano di immagini, l’invisibilità - anche nell’ambiente artistico - sembra essere impossibile. Pare quindi assurdo che la scrittrice italiana più letta al mondo, Elena Ferrante, sia un totale mistero ai nostri occhi: non conosciamo il suo aspetto, la sua età, il suo passato personale o i suoi studi. La decisione dell’autrice va contro ogni logica editoriale e proprio questo la rende una scelta politica.

Esponendo come unico corpo quello dei suoi romanzi, Ferrante ci riporta alle origini della “scrittura al femminile”: escluse dal mercato editoriale proprio in quanto donne, le autrici vedevano i loro manoscritti scartati prima ancora di essere letti, perdendo ogni possibilità di fama e di guadagno. Gli ostacoli le hanno spinte ad ingegnarsi e trovare modi alternativi per pubblicare il loro pensiero: uno di questi è l’uso dell’anonimato, efficace per inserirsi nel panorama letterario del tempo.
Per la maggior parte della storia, ‘Anonimo’ era una donna. Virginia Woolf

Un’altra strategia difensiva - diffusa soprattutto nel 1800 - è l’uso di uno pseudonimo maschile, come nel caso delle sorelle Brontë (che pubblicarono con i nomi di Currer, Ellis e Acton Bell), Mary Ann Evans (più famosa come George Eliot) e Louisa May Alcott (A. M. Bernard), solo alcuni tra i moltissimi altri esempi. Le autrici non cercavano di essere “brave quanto gli uomini”, né di mascolinizzarsi per raccogliere la “penna fallica” - citando Sandra Gilbert e Susan Gubar - ma presentare il loro sé pubblico come maschile e fittizio, implicava che lo spazio privato femminile fosse il vero regno della creatività e che la mascolinità fosse in realtà soltanto una patina superficiale di cui servirsi per sopravvivere alla sfera pubblica.
Ferrante compie un gesto immediato quanto rivoluzionario: si libera dalla struttura fisica imposta agli autori, rendendo l’atto di pubblicare una faccenda privata. La scrittrice è convinta che i libri di corpo hanno già il loro e, una volta scritti, per sopravvivere, non hanno bisogno di una presenza umana. La stessa Ferrante, in risposta alle domande dell’editrice per la promozione del suo ultimo libro, rispose esponendo tranchant il suo pensiero:
“Cara Sandra, mi hai chiesto cosa intendo fare per la promozione de L’amore molesto, non intendo fare niente. Niente che comporti l’impegno pubblico della mia persona: ho già fatto abbastanza per questo lungo racconto, l’ho scritto. Se vale qualcosa, ciò dovrebbe essere sufficiente.”
Elena Ferrante
Pur partendo dalla lunga tradizione dell’anonimato, Elena Ferrante decide che le sue opere devono essere firmate con un nome femminile, creando un alterego. È proprio la sua volontà di autodeterminazione ad infastidire così tanto la critica e (forse) parte del pubblico: ancora una volta c’è la volontà di privare una autrice della facoltà di decidere riguardo il proprio lavoro, in quanto avere una doppia identità viene imputata da alcuni detrattori come sinonimo di una natura diabolica, minacciosa e fuori controllo.
Un’altra teoria molto in voga riguardo l’identità dell’autrice è quella che dietro alla sua penna si nasconda un uomo. Questo ennesimo tentativo di togliere merito al femminile per attribuirlo al maschile è sintomo di una società che relega necessariamente la capacità di genio e grandezza all’uomo. È evidente come, sebbene non ci sia alcuna certezza, il modo di narrare, le vicende scelte e le esperienze e i pensieri ad esse collegate sono attribuibili solo ad una donna che, infatti, non esita nel collocarsi storicamente nella lunga linea di scrittrici che l’hanno preceduta.
“Il 900 è un secolo di svolta radicale: non saprei riconoscere me stessa senza opere di altre donne che mi hanno resa adulta. [...] Dobbiamo dimostrare, proprio in quanto donne, di saper costruire mondi ampi, potenti e ricchi: la scrittura deve essere testimone della nostra programmatica disobbedienza.”
Elena Ferrante

Il fatto che il nome in copertina non corrisponda a quello all’anagrafe non lo rende meno reale, o falso, perché l’affermazione che l’autrice fa di sé non cambia:
La finzione letteraria mi sembra fatta apposta per dire la verità. Elena Ferrante
L’egoistica necessità di affermare la propria fama, viene sostituita - in Ferrante come nelle sue colleghe del passato - dal bisogno urgente di parlare ed essere ascoltate: ciò che conta non è tanto chi pronuncia il discorso, ma il discorso stesso e il suo contenuto. Elena Ferrante esce dalle quattro mura della “stanza tutta per sé” in cui le scrittrici sono state confinate a lungo e azzera una volta per tutte la distanza tra autrice, pubblico e opera.
La redazione di Arti Sorelle





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