Franca Sozzani: la controtendenza di Vogue Italia
- Barbara Brutto

- 15 apr
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 29 apr
È il 1988 e una giovane giornalista è appena stata nominata editor-in-Chief di Vogue Italia: è Franca Sozzani e da quel momento la storia dell’editoria, così come il modo di divulgare la moda, verrà per sempre rivoluzionato. Mattone dopo mattone, o meglio issue dopo issue, Sozzani costruisce non solo il Fashion Magazine più influente degli ultimi decenni, ma un nuovo vocabolario comunicativo attraverso il quale raffigurare la moda.
Visionaria e dirompente, è la prima a mischiare due mondi, moda e attualità che fino a quel momento dovevano essere categoricamente separati. Dimostra così come, molto semplicemente, la prima sia un'inevitabile conseguenza e riflesso della seconda: era necessaria proprio Sozzani a svelare questo legame ed esplicitarlo all’interno delle pagine patinate, con scelte che hanno fatto vacillare più volte la sua posizione.

Scomparsa ormai da quasi 10 anni, rimane ancora oggi una delle personalità più influenti del fashion system non solo italiano ma globale. Nella sua quasi trentennale direzione di Vogue, diversi numeri hanno segnato la svolta totale dell’editoria di moda, dando vita ad una rivoluzione annunciata a pieno titolo già dal suo primo editoriale, dove ribalta e ricostruisce il concetto di femminilità con eleganza e semplicità.
Il suo giornalismo di moda comunica addizionando le creazioni dei designer catturate dagli scatti dei più importanti fotografi a tematiche socio-culturali. Quello che ne risulta? Immagini, destinate ad incastonarsi nella memoria collettiva per rimanere eterne.
Fonde così, inevitabilmente, il mondo elitario della moda a problematiche attuali, un esempio è il celebre editoriale A Black Issue, datato luglio 2008. Il numero nasce con uno scopo chiaro: elogiare la bellezza multietnica, evidenziando la presenza di pochissime modelle nere nelle passerelle della moda internazionale. Sintomo di una disparità salda nel fashion system, è proprio questo numero rivoluzionario e di estrema rottura, chiaramente istigatorio, a farla vacillare, con l’impatto creato dalle immagini scattate da Steven Meisel con lo styling di Edward Enninful. Una scelta rischiosa, tanto che la stessa Naomi Campbell, protagonista di una delle copertine del numero, dichiara che nessuno avrebbe avuto il fegato, la determinazione e il coraggio di pubblicare quel numero, se non Franca.
Ho utilizzato le immagini e, qualche volta, l’ho fatto in modo molto controverso. Quando non vuoi seguire quello che chiunque altro ha già fatto e vuoi fare qualcosa di diverso, devi pagarne il prezzo, questo è sicuro.
Succede di nuovo ad Agosto 2010 quando tra la canicola estiva iniziano a diffondersi a macchia d’olio - proprio come la Marea Nera del disastro petrolifero avvenuto il 20 aprile nel Golfo del Messico - le issue The latest wave. In copertina Kristen McMenamy, catturata dalla lente di Steven Meisel, si trasforma quasi in un fotoreporter per reccontare attraverso le sfumature del nero (carbone, antracite e petrolio) la drammaticità della catasfrofe ambientale. Questo nelle 24 pagine di editoriale, Water and Oil, di uno dei numeri più importanti e dirompenti della storia di Vogue Italia. Gli abiti glamour firmati Haider Ackermann, Ann Demeulemeester, Hussein Chalayan, Maison Alaïa, Prada, Miu Miu e Dolce & Gabbana, creano un contrasto radicale con la costa nera pece, dove la modella, ricoperta totalmente di olio e accasciata, prende le sembianze di una sirena che esala gli ultimi respiri.
Water e Oil racconta una realtà angosciante ma odierna che, 15 anni fa come oggi, non deve rimanere estranea all’editoria di moda:
Perché no? Si girano film, si fanno performance artistiche, si mettono in scena allestimenti teatrali su eventi violenti che ci circondano e perché un giornale deve sempre rimanere avulso dalla realtà, dando solo l'immagine stereotipata di un glamour fine a se stesso?
Quattro anni dopo, il 3 aprile 2014, esce Cinematic e con lui un vento di critiche. Il numero, infatti, condanna la violenza domestica, ma per molti si tratta di un tema che deve rimanere estraneo ad una rivista di moda.
Ancora una volta l’obiettivo di Steven Meisel dà vita ad una serie di immagini costruite ad hoc e dichiaratamente ispirate ai grandi film dell’orrore, che immortalano uno dei problemi sociali più importanti della nostra epoca. Shining, Suspiria, L'uccello dalle piume di cristallo e Audition sono alcune delle citazioni che Meisel inserisce nei suoi scatti, che creano la suspance di un thriller, in un limbo sospeso tra la pellicola fotografica e quella cinematografica. Taffettà, pizzi, plissè e ruches, sia in bianco che in rosso, esprimono la violenza e il contrasto tra realtà-finzione, trasformando l’editoriale in un manifesto per denunciare la violenza di genere.
Ho pensato che proprio la moda, un mondo così mediatico e che sembra avulso da questioni sociali così tangibili e note, potesse supportare o meglio dovesse supportare la lotta contro questo fenomeno sempre più comune [...] In questa scelta non c’è nessun desiderio di scioccare ma piuttosto di creare consapevolezza su quello che è un orrore da condannare.
Franca Sozzani, ribelle e innovatrice in costante controtendenza, fin dal primo momento ha reso Vogue Italia, una delle riviste più influenti del fashion system, un occhio sul mondo e ha usato il suo potere per distruggere la patina elitaria dell’editoria, rendendola parte integrante del cambiamento sociale raccontato con il linguaggio della moda.
b.b.



















Un bellissimo articolo che riflette l’importanza di una figura rivoluzionaria nella moda, con riferimenti ai veri e propri cortocircuiti che Sozzani ha causato nel corso della sua brillante carriera.
bellissimo lavoro, anche la moda veicola temi importanti