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La storia di Isabella Blow tra estro e oscurità

Aggiornamento: 27 ott

Rubrica: Vita da strega


Giornalista, fashion editor, talent hunter e icona indiscussa con uno stile in costante oscillazione tra il dark e il fiabesco, Isabella Blow è stata una delle figure più influenti e enigmatiche del fashion system e di quel mondo che prima l’ha amata e poi l’ha brutalmente emarginata.

Aristocratica di nascita, padre baronetto e madre avvocata, Isabella Delves Broughton vive un'infanzia turbolenta nella campagna inglese, a causa del divorzio dei genitori e della morte prematura del fratello. Dopo il diploma lascia l'Inghilterra e si trasferisce a New York dove studia arte cinese alla Columbia University. Nella grande mela conosce Guy Laroche e inizia a muovere i primi passi nel mondo della moda, entrando in contatto con Anna Wintour, di cui diventa assistente per poi affiancare Andre Leon Talley, redattore capo di Vogue. A New York frequenta personalità come Warhol, Basquiat e in generale entra in contatto con tutto l' art system della metropoli americana, vivendo in un connubio fatto di arte e moda. 

Nel frattempo la famiglia d’origine la disereda e Blow si ritrova a svolgere diversi lavori precari per mantenersi, così nel 1986 ritorna a Londra dove inizia a collaborare con Michael Roberts, direttore di Thaler e del Sunday Times Style, incarico poi da lei assunto lo stesso anno, dove tiene una rubrica di stile parallela  al lavoro che svolge da Vogue UK. 

In occasione del suo secondo matrimonio, sfoggia un’acconciatura di Philip Treacy, designer con il quale instaura un sodalizio artistico fondamentale, tanto che per tutto il corso della sua vita Blow si fa fotografare mentre indossa i cappelli dello stilista. 

Proprio i cappelli, portati sopra il suo iconico caschetto nero, sono l’elemento distintivo di Blow e assumono la funzione di armatura glamour per proteggersi da quel mondo meschino che la circonda. Le creazioni che pone sul suo capo sono stravaganti e esuberanti, quasi al limite del surrealismo, tra le quali rimangono celebre il Lobster Hat e l'elmo di piume nere le quali ricoprono un ruolo fondamentale proprio come dichiara Blow stessa durante un’intervista:

“Per tenere tutti lontano da me. Dicono: posso baciarti? E io rispondo: No, grazie mille. Ecco perché indosso il cappello. Arrivederci. Non voglio essere baciata da chiunque. Voglio essere baciata solo dalle persone che amo.” 


Nel 1992 avviene un altro incontro fondamentale per la fashion editor, infatti durante i fashion graduates della Central Saint Martins di Londra, rimane folgorata dalla collezione di uno studente: Alexander Lee McQueen. Entusiasta compra tutti i capi al prezzo di 5 mila sterline che però paga a rate di 100 sterline alla settimana a causa dei suoi problemi economici. Da questo momento nasce un talento geniale del panorama della moda, Alexander McQueen, ma anche una profonda amicizia e una connessione lavorativa che tocca dei punti stilistici mai visti prima. 

Blow collabora con artisti, scova modelle e diventa una delle figure più importanti degli anni ‘90 londinesi, scoprendo talenti con quell'intuito connaturato alla sua personalità eccentrica e irriverente. Posa per i più grandi fotografi da David La Chapelle a Steven Meisel tutti affascinati dal suo stile e dalla sua personalità.



Nei primi anni duemila continua le sue collaborazioni sia nel campo della moda che in quello dell’arte, ma, mentre curava lo styling di una serie di libri sulla bellezza del mondo arabo prodotti da Sheik Majed al-Sabah, viene improvvisamente esclusa dal progetto senza apparenti ragioni. Per Blow è l’inizio della fine. 

Sensibile e fragile, inizia ad essere presa di mira da tutto il fashion system, passando da icona a preda in un istante, Blow cade in depressione.

Ma quello che la colpisce profondamente è sicuramente il “tradimento” di uno dei suoi più cari amici, McQueen, provocato dalla decisione del designer di cedere il suo marchio a Gucci. Infatti, la negoziazione ha luogo non solo senza renderla partecipe, ma anche lasciandola senza alcun contratto lavorativo, nonostante fosse suo il merito dell’inizio delle negoziazioni per l’acquisto del brand da parte della multinazionale. In questo momento Blow si sente abbandonata e denigrata non solo dal sistema, ma anche dai suoi stessi amici. Sintomo di un ambiente che esclude e sfrutta fino alla fine le risorse di chi lo abita, distruggendo ed emarginando alla prima possibilità chi non è più apparentemente sfruttabile. 

Dopo una turbolenta separazione, i problemi economici e la diagnosi di un cancro alle ovaie, Blow tenta più volte il suicidio. Dopo una serie di tentativi falliti, si toglie la vita il 7 maggio del 2007 e il giorno del funerale il mondo della moda compiange la perdita di un talento brillante e geniale, mostrando così per l’ennesima volta l’ipocrisia che lo contraddistingue.

b.b.


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