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Rock with lipstick on: l'emancipazione del glam

Aggiornamento: 9 set

Negli anni Settanta, Top Of The Pops era la trasmissione musicale più influente del Regno Unito e, se davvero ambivi a diventare una star, il passaggio per il programma della BBC non era solo un ottimo trampolino di lancio, ma anche un modo per mostrarti al pubblico, molto prima dell’arrivo di canali come MTV. Proprio per questo motivo, quando David Bowie si esibisce con Starman, il 6 luglio del 1972, il futuro della musica cambia per sempre.

David Bowie a Top Of The Pops: Starman (6 luglio 1972)

Fin dagli albori, il rock è stato simbolo di un’energia pura, un ritmo scatenato definito da molti addirittura “animalesco”, tutte caratteristiche attribuite ovviamente al genere maschile che hanno partecipato a rafforzare il privilegio sociale delle rockstar, accrescendo il loro status di sex symbol. Nonostante qualche eccezione che oggi ci sforziamo di ricordare - si parla di personalità del calibro di Sister Rosetta Tharpe e Wanda Jackson -, dovremo aspettare la rivoluzione culturale post-sessantottina per poter dare al rock un nuovo aspetto, sicuramente meno macho.


Alla ribellione, Bowie dedica la sua intera giovinezza, lavorando sapientemente per inserirsi nel contesto musicale della spumeggiante Londra del dopoguerra e cercando al contempo di distaccarsi dalla massa, con quel  pizzico di irriverenza che lo contraddistinguerà fino alla fine della sua carriera. Nel 1964 lo troviamo in televisione, sempre sulla BBC, a dichiarare di aver fondato la Society for the Prevention of Cruelty to Long-Haired Men (Società per la prevenzione della crudeltà verso gli uomini dai capelli lunghi), con una finta campagna di sensibilizzazione verso i rockettari convinti che sfoggiavano tagli sempre più fuori dall’ordinario.

I primi passi verso il glam, forse ancora un po’ incerti, arrivano invece con due album: The Man Who Sold the World (1970) - in copertina Bowie posa con abiti femminili – e Hunky Dory (1971) - che contiene Changes e Life on Mars? – grazie al quale viene introdotto il personaggio di Ziggy Stardust, alter ego definitivo del cantante londinese.



Dal punto di vista commerciale, Bowie “ruba” scaltramente dall’amico Marc Bolan (lead singer dei T-Rex) che aveva dato il via al fenomeno del glam rock pochi mesi prima con il singolo Hot Love. Grazie alla strada spianata dal collega, a Bowie non resta che creare un universo estetico tutto suo, fatto di payette e lustrini uniti ad un accattivante stile androgino. La rotta verso una florida quanto peculiare carriera è  già tracciata quando, nel 1972, esce The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, considerato il vero punto di svolta; le doti musicali di Bowie incontrano la sua spiccata drammaticità. Attraverso performance provocatorie il cantante porta sul palco una nuova versione del rock: non più “duro e puro”, il genere stesso diventa un luogo di scoperta sessuale, un’auto erotica emancipazione dal gusto inedito, degno di un alieno caduto sulla Terra.


David Bowie e Marc Bolan suonano insieme in televisione negli anni '70
David Bowie e Marc Bolan

“[David Bowie] è stato un comunicatore spregiudicato e uno stratega molto astuto, ma nessuno, nel mondo dello spettacolo, prima di lui, ha saputo dare una forma alla diversità, narrandola come libertà di espressione e rivendicandola con fierezza.”

Chiara Tagliaferri in Morgana (Ep. 43 David Bowie)


Ancora fortemente legata ai modelli di mascolinità dominanti, la società dell’epoca non è assolutamente pronta ad un cambiamento di questa portata e l’opinione pubblica sopporta malvolentieri l’orda di giovani pronti a rivendicare i loro diritti che corrono per le strade truccati e vestiti con abiti succinti: è l’inizio di una nuova era.


 trailer di Velvet Goldmine, “non dichiarato” biopic sugli inizi glam di Bowie e il contesto sociale dell’epoca

“La scena glam dei primi anni Settanta ha gettato le basi per il punk, spaventando i benpensanti e riportando la musica a una forma primitiva: strofa‑ritornello‑ripeti, un calcio di anfibio in faccia da tre minuti.” David Flint - Oh! You Pretty Things: The Decadent Trash Aesthetic Of The 1970s Glam Rock Wastelands


Come ogni rivoluzione che si rispetti, la sua potenza risiede nel passaparola, capace di scavalcare molti ostacoli fisici. Sembra quindi destino che la strada di Bowie si congiunga con quella di una figura fondamentale per l’avanguardia delle contaminazioni rock: Lou Reed. Nella New York di metà anni Sessanta, Reed e i Velvet Underground si muovono a cavallo tra musica e arte contemporanea; i loro testi parlano apertamente di sesso, abuso di droghe e alienazione urbana. La voce di Reed, dal tono volutamente monotono, riesce ad essere struggente, non cerca il “bel canto”, piuttosto di raccontare storie disturbanti e vere in modo crudo.

copertina di The Velvet Underground & Nico disegnata da Andy Warhol
la copertina di The Velvet Underground & Nico

Dal 1965, con la benedizione di Andy Warhol, la band diventa una vera e propria opera d’arte vivente: il pittore presenta Nico al gruppo, unico componente femminile e produce il loro primo album The Velvet Underground & Nico, di cui disegna anche l’iconica copertina. Una volta diventati la “house band della sua Factory, Warhol li rende protagonisti dello spettacolo multimediale Exploding Plastic Inevitable: il risultato è un mix psichedelico di musica, danza e luci stroboscopiche.

 

“They were doing glam before glam had a name.”

David Bowie

Exploding Plastic Inevitable (Andy Warhol, 1967)

I Velvet Underground sono una realtà scomoda che rompe con la classica iconografia del rock. Troppo difficili da catalogare, gli oppositori  – che troviamo sia tra i critici che nel pubblico - per insultarli coniano il termine artfag band, epiteto omofobo con il fine di sottolineare non solo l’ambiguo orientamento sessuale, ma anche la loro esagerata teatralità e l’intellettualismo.

Negli anni a venire, l’espressione artfag verrà usata frequentemente negli ambienti musicali più conservatori, rivolta a chi si presenta in modo non convenzionale, musicalmente e visivamente; gli artisti che osano discostarsi dalla norma vengono sistematicamente puniti con la ridicolizzazione o l’insulto, a difesa di una fantomatica idea di autenticità che in realtà è solamente un antiquato codice ormai rigido e limitante.



In crisi dopo aver abbandonato la band, Lou Reed incontra Bowie nel 1971. I due si trovano subito, dando vita ad “una storia d’amore virtuale fra due menti artisticamente affini”; lo stesso Bowie produrrà e collaborerà alla realizzazione dell’album più celebre di Lou Reed: Transformer (1972). Il cantante londinese rimane ammaliato dalla poesia di Reed che qui si declina in tutta la sua potenza: nella hit Walk on the Wild Side, racconta dell’ambiente drag dell’underground newyorkese, uno spaccato di realtà urbana con riferimenti al mondo camp.


Holly came from Miami F.L.A.

hitch-hiked her way across the U.S.A.

Plucked her eyebrows on the way

shaved her leg and then he was a she

She says, hey babe

take a walk on the wild side

said, hey honey

take a walk on the wild side. Lou Reed- Walk on the wild side


Anche la nuova estetica androgina – ispirata a Bowie – già evidente nel volto truccato sulla copertina di Trasfromer, diventa sempre più palese in Rock n’roll Animal (1974), disco registrato dal vivo con i suoi più grandi successi.

L’art e il glam rock rimescolano le carte in gioco, reinventano il suono e mettono in discussione quello che il rock poteva - e doveva - essere. Ancora una volta, l’intellettualismo diventa un pretesto per l’insulto: artfag, poser, freak… i termini si sprecano e vengono scritti dai fan più ortodossi che si sfogano nelle fanzine con pessime recensioni, accusando i gruppi di snobismo o, peggio, di femminilizzazione del rock.



Il fenomeno si acuisce dopo l’arrivo del punk, nel 1977: un’esplosione disordinata e dotata di energia primitiva in netto contrasto estetico con i glitter del glam, capace di riportare la ribellione rock sulla “retta via”.


 “When glam rock exploded onto our TV screens, the world seemed to suddenly burst into glorious colour. … Critics […] hated it. But the youth knew better. Up‑and‑coming stars sensed a change in the weather, and started dressing accordingly.” Brian Eno


Negare, però, la forza del cambiamento sociale generato dall’art e glam rock significherebbe privare dei traguardi raggiunti gli artisti che si sono battuti per testimoniare - tramite le loro performance e il loro aspetto fisico - un ambiente di emarginati di cui molti non volevano sentire cantare. Se è vero che il glam rock è semplicemente “rock con il rossetto”, non va sicuramente privato della sua credibilità, né relegato ad un ruolo marginale: sono proprio questi i movimenti che hanno fatto da ponte verso nuove forme di espressione, influenzando in modo inestimabile le generazioni successive, musicalmente e umanamente.



M.F.

1 commento


Ospite
24 lug

Bellissimo articolo sulla libertà di espressione e di tutta l'arte

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