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Lilith Fair: ripensare l’industria musicale

Aggiornamento: 14 set

Rubrica: Attivismo artistico


Alla fine degli anni ‘90, in un panorama musicale in cui si ritiene che due donne non debbano essere passate in radio di fila, che non possano fare duetti di successo o essere inserite nella stessa line di un festival, la cantante canadese Sarah McLachlan decide di cambiare le carte in tavola, creando un festival che rivoluzionerà per sempre l’industria musicale e il modo in cui le donne possono essere e muoversi al suo interno.


“Ricordo di aver parlato con il mio agente riguardo la possibilità di fare un tour con un’altra artista donna e la risposta è stata: ‘Non vuoi davvero farlo, perchè non venderebbe biglietti’” Sheryl Crow 


Paula Cole canta al Lilith fair
Paula Cole

“‘Non si possono mettere due donne nello stesso programma.’ Era una regola non scritta.” Marty Diamond, cofounder del Lilith Fair 


Sarah McLachlan, frustrata da queste dinamiche, decide di andare contro al parere degli esperti del settore, intraprendendo un tour con la cantante statunitense Paula Cole. Proprio durante quella circostanza, nella data di Vancouver del 14 settembre 1996, le cantanti decidono di invitare ad esibirsi con loro le artiste Lisa Loeb e Michelle McAdorey: questa data viene soprannominata Lilith Fair. L’appellativo riprende l’immaginario della prima moglie di Adamo, diventata simbolo della ribellione femminile per aver rifiutato di sottomettersi al marito ed essere fuggita coi demoni del deserto; la parola ‘fair’, poi, vuole dare l’idea di equità e inclusività. 


Partendo da questa ‘data zero’ e con spirito rivoluzionario, la musicista McLachlan decide di espandere la sua iniziativa, creando un vero e proprio festival itinerante di sole artiste donne: nasce, così, il Lilith Fair, tenutosi in 3 edizioni dal  1997 al 1999 - con un’edizione revival di minore successo nel 2010 - tra Stati Uniti e Canada. Contro le aspettative dei detrattori che si prendono prontamente gioco dello stesso, soprannominandolo dispregiativamente ‘Lesbopalooza’ e ‘Girlapalooza’, il Lilith Fair diventa uno dei festival più di successo della storia della musica, superando - nelle tre edizioni - 130 date, 300 artiste, un milione e mezzo di spettatori, e un ricavato di 52 milioni di dollari, di cui 10 devoluti in beneficenza per associazioni benefiche a favore delle donne.


“Quando le donne si uniscono parlano, partoriscono idee, formano coalizioni; noi donne creiamo il cambiamento. Questo intimoriva moltissimo gli uomini e la vecchia struttura, il cui scopo era lasciare sempre tutto invariato, mentre noi volevano il cambiamento”  Sarah McLachlan


palcoscenico e pubblico del Lilith Fair

Il Lilith diventa la dimostrazione che le donne vendono biglietti senza bisogno di essere affiancate da artisti uomini e che nessuna musicista è in competizione con l’altra, cosa che invece l’industria ha sempre cercato di alimentare dicendo - come racconta McLachlan - frasi quali: “Questa settimana non ti possiamo passare alla radio perchè ci sono già Tracy Chapman, Tori Amos o Sinéad O’Connor”. Nonostante facciano generi molto differenti, il comun denominatore è l’essere donna, cosa che le definisce simili soltanto in quanto ‘Altro’ rispetto all’artista uomo, una minoranza. Il messaggio che vogliono passare i vertici del settore è: “c’è spazio per una sola eccezione”. Tale modus operandi viene utilizzato anche per altre categorie marginalizzate: nel sistema moda, ad esempio, negli anni ‘90 è implicito che all’interno di una sfilata non ci possa essere più di una modella nera, questione che ha provocato la famosa competizione tra Naomi Campbell e Tyra Banks.  


“Ci mettevano l’una contro l’altra. Se tu ottenevi uno spazio, allora non ce l'avevo io.” Liz Phair



Il supporto reciproco e la stima tra artiste, contro i pregiudizi popolari, fanno da collante nella realizzazione dello stesso festival che diventa la dimostrazione che c’è spazio per tutte, e quando non c’è lo si può creare. 

Durante il tour, ogni musicista si esibisce in una o due delle date, ad eccezione della fondatrice McLachlan che lo fa in ognuna; a performare sui tre palchi sono molte artiste già affermate come le Indigo Girls, Sinéad O’Connor, Fiona Apple, Tracy Chapman e Sheryl Crow e altrettante che sono state consacrate e/o lanciate anche grazie a questo festival come Missy Elliott, Dido e Nelly Furtado.

Questa manifestazione al femminile ribalta anche le aspettative di genere musicali: molte cantanti del Lilith - come Natalie Merchant, Queen Latifah e Skye Edwards - fanno musica politicamente impegnata e femminista  che varia con facilità da un genere all’altro - elettronica, rock, hip-hop, R&B - dimostrando l’insensatezza dello stereotipo che vuole le artiste donne trattare esclusivamente tematiche leggere e romantiche, in uno stile pop. 



Questa impresa dimostra la forza dell’unione femminile che partendo dal basso scuote il sistema dalle fondamenta, paragonabile a quella compiuta da Billie Jean King che, unendosi alle altre tenniste donne, è riuscita a creare la Women’s Tennis Association (WTA) dimostrando - oltre al supporto reciproco - la capacità di attirare pubblico dello sport femminile e rivoluzionando, così, un sistema misogino e discriminatorio. Allo stesso modo, la realizzazione del festival ha cambiato la traiettoria del mercato discografico, costretto ad accettare che la musica realizzata da donne ha lo stesso successo e impatto economico di quella maschile. 


pubblico del Lilith Fair

La bellezza del festival, oltre al supporto tra artiste onorate di collaborare l’una con l’altra per un fine comune e urgente, è l’atmosfera respirabile tra il pubblico (in prevalenza al femminile), pacifico e gentile. Ciò dimostra la possibilità di fruire i concerti senza aggressività e con rispetto reciproco - cosa non scontata, in un periodo in cui la forza fisica dei maschi-abili rende troppo spesso inaccessibili le prime file e, nei peggiori dei casi, i concerti per le donne e per altre categorie marginalizzate.


“Questo è il modo migliore per descrivere il Lilith Fair: era come il bagno delle donne di un bar all’una di notte, dove ogni ragazza che incontri è la tua migliore amica.” Kathy Ruhle, mamma di Long Island, spettatrice


Esibizione corale, Big Yellow Taxi, Lilith Fair 1997

“Era probabilmente uno dei primi ‘spazi sicuri’ nella storia dell’industria dell’intrattenimento” Nelly Furtado


A breve uscirà sulle piattaforme Lilith Fair: Building a Mystery, documentario diretto dalla regista Ally Pankiw, prodotto dalla ricerca avvenuta tra più di 600 ore di video d’archivio, che si propone di raccontare attraverso video originali ed interviste del tempo l’impatto del festival, aggiungendo uno sguardo contemporaneo con interviste ad artiste contemporanee come Olivia Rodrigo che si presta per raccontare quanto impatto ha avuto questo festival nel mondo della musica, permettendole oggi di avere la carriera che sta costruendo.


Cantanti cantano al lilith fair

“Il Lilith Fair è come una sorella maggiore cool dell’industria musicale, una che ha già vissuto le gioie e le difficoltà dell’essere donna nel mondo della musica, e che cerca di rendere il cammino un po’ più semplice per chi viene dopo. Spero che questo documentario aiuti a comprendere a fondo cosa abbia rappresentato il festival per giovani musiciste, artistə queer e non binary, e per chiunque abbia imbracciato una chitarra o comprato un biglietto ispirato da ciò che Lilith ha mostrato possibile”. Ally Pankiw


p.c.








1 commento


Sari
14 set

Molto interessante, complimenti!

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