Omelia Contadina: agire con il cinema
- Marta Frugoni

- 29 ago
- Tempo di lettura: 4 min
Rubrica: Sguardo sul reale
Sull’altopiano dell’Alfina, tra Lazio e Umbria, un gruppo di contadini si riunisce dando vita ad una lunga marcia funebre in onore della cultura contadina. I volti di uomini, donne, anziani e adolescenti si mischiano in un’umanità eterogenea consapevole della fine di una storia centenaria: questa è la genesi del corto Omelia Contadina, diretto da Alice Rohrwacher.
Presentato in concorso alla settantasettesima Mostra del Cinema di Venezia, Omelia contadina è stato realizzato in collaborazione con l’artista francese JR e nasce proprio dall’urgenza di denunciare la progressiva scomparsa della pratica agricola tradizionale, minacciata da quella intensiva e da una logica di profitto meramente capitalista. Il corto si discosta dalla narrazione classica, venendo definito dagli autori stessi un’azione cinematografica, a metà tra documento e rito.
Per inscenare la marcia, tre cortei di braccianti avanzano sui sentieri dell’Altopiano portando dei “corpi di carta”, disegnati da Jr, accompagnati da una banda di paese che intona un canto funebre. Grazie a delle riprese aeree, le figure stampate sembrano animate dal vento, esse ci osservano e ricordano l’importanza di ciò che dichiarano defunto: non solo uno stile di vita, ma un vero e proprio sistema di valori; un servizio che tutti loro hanno svolto, tramandato di generazione in generazione.
“Quella di JR è un’arte partecipata, relazionale, che fonde l’azione con l’impegno, mette in contatto le persone le quali diventano così protagoniste di un rinnovato racconto, di una rinnovata comunità, con la netta convinzione che l’arte può cambiare il mondo, perché permette di vedere le cose da punti di vista diversi.”
Daniela Trincia in “DoppioZero”
Galleria Continua, via del Castello, San Gimignano (foto di JR, dal 26.09.2020 al 10.01.2020)
Nonostante l’esperienza non la riguardi in prima persona, Rohrwacher si fa portavoce della comunità dell’Alfina, sottolineando quanto l’argomento del corto coincida con i suoi ideali: essendo cresciuta in quelle stesse zone, parte di una famiglia che le ha trasmesso il rispetto e l’importanza dell’ambiente, la terra è da sempre protagonista delle sue opere, così come chi se ne prende cura.
“Se devo dire che cos’è per me la campagna, direi che è una rete, lanciata e invisibile; una rete che ci protegge e non una che ci ingabbia; […] dentro vivono tutte le persone che lottano e che in qualche modo mi danno continuamente delle cose, un nutrimento […]. Così ho detto: ma io cosa produco? Cosa posso fare per ricambiare questo nutrimento?”
Dal connubio artistico con JR emerge la capacità dell’una di raccontare l’altro, confermata dalla rinnovata unione per il corto Allegoria Cittadina (2024); i due si fanno carico di veicolare, attraverso le immagini, un messaggio fondamentale, ovvero quello di continuare questa lotta silenziosa e ostinata che mira a diventare universale.
Con Omelia contadina s’intende sfatare l’idea che il lavoro nei campi sia solitario o marginale; al contrario, coltivare significa cooperare, costruire e condividere gesti e saperi: il rito agricolo diventa un’opera d’arte, un atto creativo in grado di dare forma alla vita stessa. Il progetto è, quindi, un’azione sociale che ha l’intenzione di unire più persone possibili con lo scopo di affrontare una difficoltà così grande come il dover rinunciare al proprio passato, presente e, soprattutto, futuro.
Galleria Continua, via del Castello, San Gimignano
L’opera si inserisce in una più ampia riflessione dell’autrice sul ruolo del cinema come spazio di ascolto e “restituzione dell’invisibile”: non si tratta solo di raccontare ciò che non è più visibile ai nostri occhi, ma di riportare in superficie ciò che la società contemporanea ha deciso coscientemente di dimenticare. La stessa intenzione anima tutto l’operato di Rohrwacher che vuole trasformare la sua passione per la memoria e il folklore italiano in immagini capaci di far dialogare epoche diverse, mostrando quanto la realtà contenga sempre un residuo “fiabesco”, un “altrove” che illumina l’ordinario.
“Le nostre parole, i nostri pensieri, i nostri gesti non nascono in noi, ma sono un’eredità che abitiamo per il periodo della nostra vita, sono tracce di un destino più grande.”
Alice Rohrwacher & Goffredo Fofi in Dopo il cinema. Le domande di una regista
Rohrwacher dimostra ancora una volta che si può “agire con il cinema” lasciando spazio al silenzio e agli sguardi: la sua è una poetica dell’ascolto, capace di contrastare apertamente l’horror vacui del cinema contemporaneo.
L'omelia è in onore del lavoro centenario degli agricoltori, un rifiuto caparbio alla cancellazione culturale e spirituale del mondo contadino che ha l’urgenza di resistere alla perdita di senso, in un’epoca dominata dall’omologazione. In questo contesto, il rito funebre non viene messo in scena come puro atto di nostalgia, bensì come eredità viva, protesta stessa della terra che, rifiutando di piegarsi alle leggi degli uomini, custodisce gelosamente i segreti di cui è detentrice e che ha confessato, nei secoli, solo a chi sapeva davvero amarla.
Omelia contadina dà spazio e voce a chi normalmente viene escluso, offrendo uno sguardo limpido e corale su un mondo che, pur morente, non ha ancora smesso di parlare. L’immagine è strumento di dissidenza e ci ricorda che non si tratta di salvare una tradizione, ma di ripensare il nostro modo di stare al mondo, in relazione con la terra e con gli altri.
Dedicato a tutti coloro che, in questo momento, invece di pensare a esprimere sé stessi, si stanno occupando di custodire l’altro. Alice Rohrwacher
M.F.















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